Roma - «Se il tribunale del Riesame dovesse stabilire la confisca delle entrate future della Lega, noi come partito siamo finiti. Il 6 settembre la Lega chiude».
Nel giorno in cui il Corriere della Sera svela in un retroscena che Matteo Salvini - qualora il 5 settembre i magistrati di Genova dovessero confermare il sequestro dei beni della Lega - sarebbe pronto a dire addio al Carroccio per fondare un nuovo partito (puntando a inglobare tutto il centrodestra), Giancarlo Giorgetti mette una sorta di timbro ufficiale all'indiscrezione.
Intervistato da Peter Gomez alla festa del Fatto Quotidiano alla Versiliana, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio non lascia aperte strade alternative. «Se il tribunale deciderà che tutti i futuri proventi che affluiscono alle casse della Lega dovranno essere requisiti è evidente che noi come partito non potremmo più esistere». In pratica, spiega, «una sentenza non definitiva avrebbe una conseguenza definitiva: la chiusura del partito senza che quel processo sia finito. Nonostante sia una sentenza di primo grado». Se la confisca degli introiti, anche futuri, del partito «arrivasse dopo una sentenza della Cassazione non avrei niente da dire, ma tutto questo sarebbe definitivo a processo non concluso».
Giorgetti viene naturalmente sollecitato sulla possibile costituzione di un partito unico del centrodestra. «Non abbiamo tempo per fare un progetto di Opa, più o meno ostile, nei confronti di Forza Italia, non abbiamo neanche i soldi per farlo. C'è, però, un dato di fatto: le idee della Lega e di Salvini in particolare sono molto più attrattive per gli elettori di Forza Italia rispetto a quelle portate avanti, che so io, da Tajani. Il fatto che la Lega cresca e gli altri diminuiscano crea, di fatto, un partito di riferimento del cosiddetto centrodestra».
Al di là degli aspetti giudiziari (ci sono diversi dubbi che l'eventuale sentenza possa davvero essere effettiva e immediata) la Lega sembra dunque lanciare un'operazione e un percorso di restyling politico. Un passaggio ulteriore per consolidare la propria dimensione di partito nazionale. E proprio in questo senso, secondo l'agenzia AdnKronos, sarebbe «Lega nazionale» al momento il nome più gettonato ma si starebbe comunque ragionando su alcune parole-chiave come «sovranismo», «populismo», «prima gli italiani» e «sicurezza». Inoltre, come riporta l' Huffingtonpost, lo scorso 14 dicembre è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale lo statuto di una associazione non riconosciuta. Il nome? Lega per Salvini premier con un simbolo privo della stilizzazione di Alberto da Giussano. In sostanza una creatura già di respiro nazionale ed eventualmente pronta all'uso.
Al di là delle metamorfosi leghiste c'è l'attualità di un autunno inevitabilmente caldo che incombe. Giorgetti non esclude di sforare il 3% del deficit/Pil «per mettere in sicurezza questo Paese, non soltanto i ponti, qui ci sono le scuole e gli edifici pubblici a rischio». Per ciò che riguarda le pensioni d'oro, su cui si è aperto un fronte tra Lega e Cinquestelle, Giorgetti spiega che «se è oro vero rimarranno pensioni d'oro, ma se è oro finto saranno riviste». Infine sul nodo della lotta all'immigrazione irregolare Giorgetti prima dà una stoccata a Salvini sul mezzo milione di rimpatri annunciato da quest'ultimo: «Matteo l'ha sparata grossa, ora è importante che non ne arrivino più».
Poi spiega la strategia del governo: «Se
dimostri fermezza chiudi il tema degli arrivi. Se chiudi gli arrivi poi puoi discutere dei migranti che ci sono qui, rimpatriare quelli che non hanno diritto di rimanere e regolarizzare quelli che hanno diritto di essere qui».
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