L'altro viadotto Morandi che fa tremare la Basilicata

Il Carpineto I è il «gemello» di quello genovese E preoccupa da prima che scoppiasse la psicosi

I l nome di Riccardo Morandi ha un rimbombo lugubre, ahilui e ahinoi, dopo il crollo del ponte di Genova. E tutte le opere da lui costruite in Italia, tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta, sono guardate con sospetto, se non con preoccupazione. Un suo ponte è anche nella remota Basilicata: è il viadotto Carpineto I sul raccordo autostradale Potenza-Sicignano, costruito tra il 1971 e il 1974. L'opera, con quelle campate strallate spigolose e arroganti, è angosciantemente simile al ponte su Polcevera venuto giù sette giorni fa, anche se più piccola: 241,8 metri di rettilineo con due corsie parallele, separate ed indipendenti, ciascuna di 9 metri e mezzo di larghezza. Già prima che venisse giù il ponte genovese, il fratello lucano ha destato preoccupazioni, dando segni di cedimento. Così da cinque anni un team di ingegneri ingaggiati dall'Anas ha messo in rilievo tutte le criticità della struttura, sulla quale si pensa di vietare il transito di mezzi pesanti. In Basilicata sorvegliato speciale è il viadotto Molino all'altezza di Vaglio di Basilicata, sulla SS407 Basentana, a pochi chilometri da Potenza: nessun intervento di manutenzione straordinaria è stato fatto negli ultimi anni malgrado i ripetuti allarmi lanciati da organi di stampa locali e cittadini.

Spostiamoci nella vicina Puglia. Qui l'allarme è soprattutto per il Ponte Lama Paterno, sul vecchio tracciato della strada statale 16, nei pressi dell'abitato di Bisceglie. Un ponte suggestivo, che ha oltre due secoli di vita e li dimostra tutti: il Codacons lo segnala tra le strutture italiane più da tenere d'occhio per l'«evidente stato di degrado manutentivo, con le erbacce e le radici degli alberi che hanno letteralmente attanagliato le basi delle colonne che lo sorreggono». In Puglia allarmano anche due ponti nel territorio di Andria. Entrambi in cemento armato prefabbricato, fanno parte dell'ex strada provinciale 231 e sono molto vicini, attorno al chilometro 45: uno in contrada Coppe scavalca la strada comunale parallela e l'altro in contrada Martinelli, chiuso al traffico da diversi anni. Ci sono ferri arrugginiti che spuntano dalle travi portanti e dai piloni di sostegno, e altri evidenti segni di degrado e di umidità che fanno seriamente temere per la loro integrità statica.

Spostiamoci a nord, nella «civilissima» Emilia. Anche qui non mancano i ponti da far tremare i polsi. Quello che angoscia di più da ormai diversi anni è il viadotto appenninico Rio Piazza del vecchio tracciato dell'Autostrada del Sole, nei pressi dell'abitato di Ripoli, frazione di San Benedetto Val di Sambro. Quando anni fa si lavorava per il tracciato della cosiddetta variante di valico, sull'Appennino, un vasto movimento franoso interessò la zona, arrivando a far temere per la stabilità del gigantesco viadotto che nel 1958, quando venne costruito, era un vanto dell'ingegneria italiana. Ci sono state polemiche, perizie, inchieste e ora la situazione è al punto di partenza: è un colosso dai piedi di argilla.

Osservati speciali anche tre ponti che scavalcano il Po: il Viadana-Borretto tra le province di Parma e Cremona, spesso attraversato da carichi eccezionali malgrado numerose

criticità; il Colorno-Calsalmaggiore, chiuso per lavori da qualche mese, e il Ragazzola-San Daniele. Tutti costruiti tra gli anni Cinquanta e Sessanta e destinati a sostenere un traffico molto più lieve di quello attuale.

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