
Quattro bombardieri strategici B2 pronti a decollare dalla base di Diego Garcia nell'Oceano Indiano. Tre portaerei con le relative squadre navali in via di posizionamento tra Mediterraneo, Mar Arabico e Golfo Persico. Una flotta di 18 aerei cisterna atterrati in Spagna dopo aver attraversato l'Atlantico. Le minacce di Donald Trump all'Iran non si limitano più alle sole parole. Da 72 ore movimenti navali e spostamenti aerei contribuiscono a rafforzare l'ipotesi di un'imminente entrata in guerra. Un'entrata in guerra che secondo quanto fa capire il presidente Usa sarà graduale, ma devastante. La "resa senza condizioni" richiesta al regime lascia poco spazio alla trattativa. Una resa di quel genere non prevede negoziati e impone che la Suprema Guida accetti tutti i termini imposti da Potus. A partire dalla totale apertura del Paese alle ispezioni fino alla totale distruzione delle sue infrastrutture nucleari. Termini che i vertici della Repubblica Islamica non possono certo accettare.
Tutto ciò contribuisce a restringere i tempi dell'ultimatum, ma anche a legarli all'indispensabile posizionamento dell'apparato militare. La portaerei a propulsione nucleare Uss Nimitz, è stata spostata dal Mar Cinese Meridionale - dove navigava fino al 16 giugno - ed ha già attraversato lo Stretto di Malacca per puntare sul Medio Oriente. È accompagnata da un gruppo da battaglia (Carrier Strike Group) che include quattro cacciatorpedinieri classe Arleigh Burke e un sottomarino d'attacco. Porta oltre 60 aerei, tra cui gli F/A-18 Super Hornet capaci di trasportare nove tonnellate di bombe in un raggio di circa 730 chilometri. La Nimitz è destinata a congiungersi alla Uss Carl Vinson già operativa nel Mar Arabico. E a queste si aggiungerà, tra una decina di giorni, la portaerei Uss Gerald Ford in partenza - assieme a una squadra di almeno sei fra incrociatori, cacciatorpedinieri e navi appoggio - dalla base di Norfolk in Virginia. La presenza di tre portaerei con i relativi "carrier strike group" (gruppi di battaglia) offre un'indiscussa capacità di attacco aereo, difesa missilistica e punta, tra l'altro, a garantire la navigazione in quello Stretto di Hormuz minacciato da mine, droni e missili iraniani.
Ma i veri protagonisti della fase iniziale dell'attacco, prevista, secondo alcuni analisti, già entro venerdì o sabato, saranno i quattro B2 Spirit posizionati a Diego Garcia. Questi bombardieri strategici sono gli unici aerei in grado di portarsi in pancia due GBU-57, le bombe da quasi 14 tonnellate progettate per distruggere infrastrutture atomiche sotterranee. Prima fra tutte quelle di Fordow protetta da oltre 80 metri di cemento e roccia. E proprio l'impiego di questi aerei - richiesto da Bibi Netanyahu per garantire la totale distruzione dei siti nucleari iraniani - rende quasi obbligato, almeno nella più recente e mutevole logica di The Donald - l'intervento americano. Ma l'imponenza dello schieramento Usa fa pensare a piani ben più ambiziosi della semplice distruzione di Fordow e di altri siti sotterranei. A quel primo atto potrebbe seguire il tentativo di far cadere il regime iraniano.
Un obiettivo garantito non solo dalle tre squadre navali e dagli aerei cisterna - indispensabili per rifornire in volo i B2 - ma anche dalla presenza in Medio Oriente di 40mila soldati statunitensi distribuiti in 19 basi dislocate tra Bahrain, Egitto, Irak, Israele, Giordania, Kuwait, Qatar, Arabia Saudita, Siria ed Emirati Arabi. Basi che possono però, diventare l'obbiettivo di eventuali rappresaglie dell'Iran e delle milizie sciite sue alleate.