L'appello inascoltato della Bce: "Fate presto". L'Eurotower teme una nuova crisi da spread

Il presidente Lagarde: "Mercati tranquilli perché confidano nell'intesa"

L'appello inascoltato della Bce: "Fate presto". L'Eurotower teme una nuova crisi da spread

Lei dice «fate presto», loro danno l'ennesimo calcio al barattolo rinviando ancora ogni decisione sul Recovery Fund. Due mondi contrapposti: quello della Bce, reattiva come si conviene ai tempi da Covid-19, e quello del Consiglio Ue dove le divisioni determinano un passo da processione. Eppure, in videoconferenza con capi di Stato e di governo, Christine Lagarde ha provato ieri a sollecitare di sostituire l'inazione rancorosa con un rinnovato slancio verso il fare, così da mettere sul piatto un pacchetto di rilancio dell'economia «ampio, veloce, flessibile e saldamente ancorato alle riforme economiche». Nulla di particolarmente rivoluzionario, nessuna richiesta volta a stravolgere l'impianto del Next Generation Ue firmato dalla Commissione von Der Leyen, un richiamo a legare assieme risorse e riforme in linea con quanto già dettagliato dalla coppia Dombrovskis-Gentiloni.

Ma la presidente della Bce ha usato questo preambolo per introdurre il tema centrale: in caso di mancato accordo il conto da pagare sarà salato. Spiega Lagarde: i mercati sono rimasti finora tranquilli, ma solo perché confidano in un'intesa ad ampio spettro. Ma questa quiete potrebbe facilmente trasformarsi in tempesta senza un deal, o se le misure decise fossero di entità ridotta e prese in ritardo. E un Recovery Plan dimezzato e impastoiato in mille vincoli, vanificherebbe gli sforzi anti-pandemia della Bce.

È del tutto evidente che l'impatto maggiore si scaricherebbe sui Paesi più esposti alle tensioni finanziarie, a cominciare dall'Italia. Un surriscaldamento dei differenziali di rendimento fra i Btp e i Bund tedeschi non darebbe al Tesoro lo stesso respiro di cui ha beneficiato nelle ultime settimane e che ha contribuito a far aumentare, da inizio anno al 13 di giugno, i collocamenti del 42% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno senza particolari sofferenze per i conti pubblici. Il direttore generale del ministero dell'Economia, Alessandro Rivera, ha infatti reso noto ieri che da gennaio il Tesoro ha emesso titoli di Stato per 302 miliardi, quasi 90 miliardi in più rispetto ai 213 dello stesso periodo del 2019, con un costo medio pari allo 0,79% e inferiore a quello del 2019 che permette di «non pregiudicare la solidità del debito pubblico italiano. Il Tesoro ha risposto alla situazione di crisi con molto lavoro e questo impegno proseguirà anche nella restante parte dell'anno per conseguire gli obiettivi». La scadenza a 10 anni del nuovo Btp Futura (collocamento dal 6 al 10 giugno), ha aggiunto Rivera, «darà il suo contributo ad allungare la vita media del debito italiano».

Con l'intesa sul Recovery Fund che, a questo punto, non verrà raggiunta il mese prossimo e con la certezza che i fondi non saranno erogati prima del 2021, l'Italia rischia di affrontare l'autunno in una situazione economica compromessa.

E senza risorse da impiegare per uscire dalla recessione, aiutando le imprese e le famiglie in difficoltà, diventerà davvero complicato non usare i 36 miliardi (pari al 2% del Pil) messi a disposizione dal fondo salva-Stati, il Mes.

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