l'appunto

S ono passate poco più di 72 ore da quando Sergio Mattarella ha giurato come presidente della Repubblica e già la minoranza del Pd presenta il conto a Matteo Renzi. Il «liberi tutti» lo decreta Massimo D'Alema, che in un'intervista al Messaggero arriva persino a intestarsi il nuovo capo dello Stato. Perché, assicura l'ex premier, Mattarella era «il candidato indicato della minoranza del Pd».

Al netto della ricostruzione sul suo ruolo - in questi giorni si è molto scritto di una telefonata a Silvio Berlusconi in cui D'Alema avrebbe invece sostenuto la candidatura al Colle di Giuliano Amato - quel che conta è il messaggio che l'ex segretario del Pds recapita a Renzi. Non solo perché lo invita a usare il «metodo del Quirinale» anche sull'agenda di governo, ma soprattutto perché non manca di ricordare quanto siano stretti e costanti i rapporti tra il premier e Denis Verdini. Circostanza che secondo D'Alema - lo stesso che disserta di Quirinale con Berlusconi - è ovviamente motivo di disapprovazione.

Passati tre giorni tre dall'ingresso di Mattarella al Colle, dunque, la fronda dem torna sugli scudi e rimette sul tavolo tutte le pratiche aperte. L'elenco lo fa Gianni Cuperlo in un colloquio con Repubblica : riforme istituzionali, Italicum , i decreti attuativi del Jobs Act, salario minimo e pure una eventuale patrimoniale sono i temi su cui Renzi deve confrontarsi con la sua minoranza. Nel Pd, insomma, i giorni dell'armonia sembrano già finiti.

Certo, il segnale che ha mandato Renzi portandosi a casa i parlamentari di Scelta civica è eloquente. I numeri della maggioranza, infatti, non cambiano, visto che si tratta di voti che erano già a sostegno del governo. A modificarsi, invece, sono gli equilibri interni ad un Pd che con i nuovi ingressi degli ormai ex montiani sposta la sua barra verso il centro. E in questo modo Renzi annacqua la minoranza interna e la spinge ancora di più verso Sel. Non è un caso che ieri Pier Luigi Bersani abbia usato parole critiche per accogliere i nuovi arrivati. «Un conto sono le scelte di tipo opportunistico, sempre disdicevoli, e un conto è quando c'è un passaggio politico», ci ha tenuto a dire l'ex segretario del Pd.

Mentre Pippo Civati è arrivato a evocare la «crisi di governo» definendo la transumanza «una schifezza». Insomma, se da una parte Forza Italia è sfilacciata, divisa in diverse fazioni l'un contro l'altra armate, anche il Pd da oggi se la deve vedere con la ripresa delle ostilità interne.

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