l'appunto

N eanche due settimane dopo il capolavoro messo a segno da Matteo Renzi con l'elezione del capo dello Stato e la pax mattarelliana è già un lontano ricordo. Non solo perché nelle ultime 48 ore alla Camera si è respirato un clima da Parlamento ucraino, ma soprattutto per lo strappo che si è consumato tra il leader del Pd e tutto ciò che gli sta intorno. Non tanto Forza Italia, con il patto del Nazareno che è andato a farsi benedire. Quanto Sel, con Nichi Vendola che arriva ad accusare Renzi di «bullismo istituzionale», e la minoranza del Pd, con Francesco Boccia che assicura che se «al momento del voto finale» in programma a marzo «si dovesse ripete l'assenza di tutte le opposizioni» anche la fronda dem «non parteciperebbe».

Con l'accelerazione sulle riforme, dunque, Renzi ha scelto in qualche modo la via dell'isolamento, creando tutte le condizioni affinché le riforme a cui tanto sembra tenere finiscano nel pantano. I numeri, sia chiaro, la maggioranza li ha. Ma la storia insegna che nessuno è riuscito a riscrivere la Costituzione in un clima da guerra civile. Ne sa qualcosa Silvio Berlusconi che dopo essere andato avanti a maggioranza sulla devolution nel 2005 si è visto bocciare la riforma dal referendum costituzionale dell'anno seguente. Non è questa l'aria che si respira nel Paese oggi, ma il fatto che le riscrittura della Carta sia diventata terreno di un violento scontro non solo con l'opposizione ma pure dentro la stessa sinistra non fa che delegittimare e indebolire la riforma. Renzi, però, non pare curarsene. Almeno per il momento. E tira dritto per la sua strada, forte anche di una sinistra che fa decisamente fatica a trovare il bandolo della matassa. Che Gianni Cuperlo inviti il premier a «ricucire il filo con Forza Italia e insieme parlare con Sel e Lega» è infatti quantomeno curioso dopo che per mesi il patto del Nazareno è stato considerato alla stregua di Ebola.

Detto questo, non è affatto escluso che le tensioni di questi due giorni possano lasciare il segno. Per quanto «silenziato» da un Renzi costretto a presidiare la Camera per due notti consecutive, lo scontro è stato infatti feroce. Con Sel e con la minoranza del Pd che ormai si stanno già organizzando per confluire in un soggetto unico quando si dovesse capire che si avvicinano le elezioni. Nel centrosinistra, dunque, la tregua quirinalizia è ormai solo un lontano ricordo.

E non è affatto escluso che la tensione di queste ore sulle riforme finisca per riverberarsi prima sui decreti attuativi del Jobs Act e poi sul voto finale delle riforme. Senza contare che alla Camera dovrà presto essere calendarizzato anche l' Italicum , altro terreno di possibili convergenze tra le diverse opposizioni.

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