Affonda i colpi Matteo Salvini. E lo fa giorno dopo giorno con l'obiettivo nemmeno troppo malcelato di scalare i sondaggi e assestarsi in testa alle classifiche di gradimento tra i leader di centrodestra. Operazione, va detto, che gli sta riuscendo piuttosto bene se al momento la sua Lega facendo una media dei diversi istituti di rilevazione veleggia intorno a un inaspettato 15%. Si comprende quindi l'entusiasmo, come pure l' escalation delle ultime ore che prepara il terreno per la manifestazione del Carroccio che si terrà domani a Roma in piazza del Popolo.
È il tentativo di allargare gli orizzonti della Lega, di fare uscire dalla sua enclave un partito nato e cresciuto sulla rivendicazione dell'orgoglio padano. Con il rischio, però, di passare dalla ridotta territoriale a quella dei contenuti, alzando il livello dello scontro fino a oltre il sostenibile. La sensazione, infatti, è che il segretario del Carroccio abbia ormai archiviato la Lega di governo e sia concentrato esclusivamente sulla Lega di lotta. Il punto, però, è che prima o poi arriverà il momento di tirare le somme ed è evidente che alcune delle posizioni più nette prese da Salvini sono inconciliabili con qualunque ipotesi di presentarsi come una valida alternativa di governo. A partire dalla battaglia per l'uscita dall'euro, una sfida che ha le stesse probabilità di successo di quanto ne aveva il referendum per l'indipendenza della Padania. Zero.
Con il passare del tempo e l'avvicinarsi delle elezioni quelle regionali in primavera e, quando sarà, quelle politiche Salvini dovrà insomma fare i conti con la tanta, forse troppa propaganda di questi mesi. A partire dal tema delle alleanze. Dopo aver detto «no» con tanta forza a Ncd e ieri aver preso decisamente le distanze da Silvio Berlusconi («con lui nessun accordo, abbiamo una visione di Italia e Europa completamente diversa») restano due nodi: quello del Veneto (dove Luca Zaia ribadisce di avere un «ottimo rapporto» sia con Ncd che con Forza Italia e spera nel loro appoggio) e quello della Lombardia (dove Roberto Maroni governa sostenuto sia dal partito di Angelino Alfano che da quello di Berlusconi).
Non è un caso che Giovanni Toti abbia subito fatto presente che una rottura sul fronte veneto «metterebbe in discussione» anche l'esperienza al Pirellone. D'altra parte, Salvini sa bene che Lega e Forza Italia vanno a braccetto in tutte le elezioni nazionali e amministrative ormai dalle regionali del 2000. Da ben 15 anni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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