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L'arbiter Rossella assolve Giachetti «La cravatta non la porta più nessuno»

Tanto clamore per il presidente provvisorio della Camera ma il maestro di stile gli dà ragione: «Accessorio superato e inutile»

L'arbiter Rossella assolve Giachetti «La cravatta non la porta più nessuno»

Sarà che con quel cognome si sente già in ordine per ogni occasione; sarà che è di sinistra (anche se lo era pure Sandro Pertini che però, sul tema, aveva tutt'altra posizione); sarà che non ne ha mai indossata una. Fatto sta che la scelta di Roberto Giachetti di presiedere la prima seduta della XVIII legislatura alla Camera con il collo della camicia aperto, si è trasformato in un piccolo cravatta-gate.

Certe assenze diventano presenze. E così a poco a poco, l'attenzione dell'aula ha iniziato a stringersi attorno al collo sottile e disadorno del dem. Unico scravattato in mezzo a tanti, composti e accessoriati. Quella vezzosa dimenticanza, se di dimenticanza si può parlare (se lo sarà ben chiesto la mattina, prima di uscire di casa, se non fosse il caso di adeguarsi alla solenne circostanza) ha tanto ricordato il dilemma morettiano «ma mi si nota di più...». Notato lo si è notato, anche perché la politica italiana è sempre ben disposta a farsi distrarre da questioni centrali e gli italiani in generale ancor di più. Tanto che sui social hanno iniziato a fioccare commenti su Giachetti senza cravatta. Sul suo improbabile, «irrispettoso» look per il discorso di apertura dei lavori alla Camera.

Chi invece, a sorpresa, ieri difendeva l'azzardata scelta casual era un integralista dello stile come il presidente di Medusa, Carlo Rossella. «Il fatto che Giachetti non avesse la cravatta è una non notizia, non gliene ho mai vista indossare una. Ma in ogni caso trovo si tratti di un accessorio superato, come la marsina, è vecchia, inutile, non la mette più nessuno. Io la indosso quasi per abitudine, ma potrei tranquillamente scegliere di non metterla più. Sono passato a quelle più sportive. Le indosso di flanella, con anche le giacche di flanella, come in Scozia. Io per esempio mi rifiuto di indossare lo smoking perfino quando è richiesto. Rifiuto il cravattino, mi presento con un abito scuro e una camicia bianca» spiega il giornalista.

E poco importa, a suo avviso, che Giachetti stesse presiedendo a un evento molto ufficiale. Spiega infatti «non lo trovo affatto uno scandalo, Obama girava sempre per la Casa Bianca senza cravatta, e allora? Sono un fervido sostenitore del diritto allo «scravattaggio». Oggi bisogna essere un po' decontractè, ci sono già tante cose, e persone, che ci strangolano». A nulla è servito sollecitare Rossella sui messaggi indignati apparsi sui social e sulle accuse, rivolte a Giachetti, di aver mancato di rispetto alle istituzioni e agli italiani tutti: «Ha tolto ufficialità? Ma forse dimentichiamo che in quell'aula è successo ben di peggio. Se lo ricorda Antonino Strano, l'uomo della mortadella in Parlamento?». In effetti, e anche tante altre cose, se è per questo: liti, risse, poppate. Certo rompere gli argini della formalità è sempre pericoloso e c'è chi fa notare che non si va a presiedere una riunione alla Camera come a una riunione di condominio (per quanto di un palazzo in centro), o a mangiare le pennette al salmone affondati in un divanetto del Nepentha in un rigurgito di nostalgia anni Novanta.

A discapito di Giachetti ci sono il cognome, appunto, e il fatto che anche senza accessorio era molto elegante. Però certo, un gesto per mettere in secondo piano se stesso e in primo piano un gesto di formale cortesia nei confronti degli italiani e della politica, sarebbe stato gradito. E pure rassicurante, a voler ben vedere. Paragonando l'aula all'intero Paese, ci piacerebbe che qualche politico, almeno una volta, anteponesse l'Italia al proprio ombelico.

O al proprio collo.

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