L'asilo, gli amichetti e l'ultima estate a Bibione. Ora la bambina rischia di essere il "paziente zero"

Le avevano diagnosticato una sindrome metabolica. Ma era l'inizio di un'emergenza

L'asilo, gli amichetti e l'ultima estate a Bibione. Ora la bambina rischia di essere il "paziente zero"

Brescia - I capelli scuri, i grandi occhi castani spalancati sul mondo. Le ultime immagini felici di Sofia approdano nell'oceano del web dalla pagina dei suoi genitori, Marco e Francesca. Al collo ha una collana di fiori, come quelle che si usano in Polinesia: ma è un gioco, uno scherzo. Perché Sofia non ha mai viaggiato lontano, non ha mai affrontato una di quelle vacanze in cui - a cuore più o meno leggero - i genitori italiani oggi coinvolgono bambini della sua età. No, le vacanze di Sofia Zago, del fratello maggiore e dei loro genitori erano le vacanze semplici e quasi banali di una qualunque famiglia italiana senza tante pretese. Né Africa né Oriente, le vacanze degli Zago hanno per scenario la quiete nostrana della riviera adriatica. Eppure il parassita che l'ha uccisa è famigerato nel mondo dei viaggiatori d'avventura, e in Italia non ha mai ucciso nessuno. Se questa è l'inizio di una emergenza, Sofia è stata il «paziente zero».

Non c'entrano i vaccini e le loro mille polemiche, non c'entra l'allarme sugli stranieri che arrivano in Italia con chissà quali virus sconosciuti: perché il parassita che ha ucciso Sofia non viaggia con l'uomo ma con la stupida, comune zanzara. La zanzara anofele, quella che ci tormenta con le sue punture fastidiose ma innocue, e che ad altre latitudini trasporta invece malattie di ogni genere.

La storia di Sofia è quella di una qualunque, serena bambina. Cresce a Piedicastello, il bel quartiere di Trento a ridosso del Doss. L'asilo, gli amichetti, le piccole consuete malattie dell'infanzia. L'anno scorso, quando è pronta per essere iscritta alla materna, mamma Francesca è così tranquilla che torna a lavorare nella scuola guida di famiglia, a Malè.

In agosto, gli Zago partono per due settimane di vacanza a Bibione, tra Caorle e Lignano Sabbiadoro. E lì accade qualcosa: forse, in qualche modo, inizia lì il percorso che porta alla morte di Sofia. A Bibione la bambina comincia a stare male, febbre, debolezza. Dopo un paio di giorni, il 13 agosto, di fronte ai sintomi che non si attenuano, i genitori la portano al pronto soccorso di Portogruaro. E qui i medici che la visitano decidono di ricoverarla per un sospetto di sindrome metabolica. Il timore è che Sofia abbia il diabete. Mamma e papà decidono di interrompere la vacanza; il 16 la famiglia torna a Trento e Sofia viene ricoverata al Santa Chiara.

Un po' alla volta si riprende, dopo cinque giorni viene dimessa e può tornare a casa. La diagnosi rimane quella di sospetto diabete. Per una decina di giorni sembra stare bene, ma tra giovedì e venerdì scorsi torna ad avere la febbre altissima. Il termometro di mamma Francesca supera la soglia dei 40 gradi.. È l'inizio della fine. La riportano al Santa Chiara, priva di sensi. Stavolta non si parla più di diabete ma di epilessia. «La prima ipotesi - racconta Paolo Bordon, direttore dell'azienda sanitaria trentina - è stato un attacco epilettico, che è stato subito escluso. L'emocromo ha rilevato i marcatori della malaria».

Una zanzara mutante? O una zanzara portatrice, che succhia il sangue di un ammalato e poi punge Sofia? In questa ridda di ipotesi, suffragata anche dal ministro Lorenzin, si fa strada quella del contagio ospedaliero. Al Santa Chiara, in effetti, c'erano due bambini ammalati di malaria. Ma vi arrivano il 21 agosto, lo stesso giorno in cui Sofia esce: appartengono a una famiglia del Burkina Faso, sono tornati a casa per le vacanze e vi hanno contratto la malattia. Ma non sono ricoverati in stanza con Sofia. Se si sono incontrati in sala giochi, non possono essersi scambiati il sangue. E che un ago infetto possa essere stato usato due volte di fila, in due stanze diverse, è quasi impossibile.

L'ultima ipotesi, quasi surreale, chiama in causa di nuovo i bambini del Burkina Faso e la lancia nel pomeriggio Bordon: «Stiamo indagando - dichiara il direttore generale - l'ipotesi seppur rarissima che i piccoli avessero delle zanzare nei bagagli o nei vestiti, che abbiano punto loro e poi la bambina».

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