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"Devi scegliere". L'ultimatum che può far saltare il Pd

Ora Enrico Letta è tentato di riabbracciare l'ala riformista di Calenda e Renzi, ma per farlo deve 'scaricare' Conte. In caso contrario, dovrà dire addio al sogno del 'nuovo Ulivo'

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Enrico Letta, rincuorato dal risultato delle amministrative, lavora per realizzare il suo sogno: la nascita del nuovo Ulivo.

Un progetto che, nelle intenzioni del duo Bettini-Zingaretti, sarebbe dovuto ruotare intorno alla figura di Giuseppe Conte e il perno della nuova coalizione sarebbe dovuto essere il tridente Pd-M5S-LeU. Il risultato delle urne ha messo in evidenza la debolezza dei Cinquestelle e il buon stato di salute del centro liberal-riformista a trazione Calenda. Ora il segretario del Pd si trova, dunque, di fronte a un bivio: scegliere tra il duo Calenda-Renzi oppure l’alleanza strutturale col M5S. Secondo Goffredo Bettini, però, quella che diverrebbe inevitabilmente una nuova ‘grande accozzaglia’ è ancora possibile. “Il rafforzamento di un'area liberale e di centro di cui hanno parlato più volte Calenda, Renzi, Bentivogli e altri ancora, come dico da almeno due anni, non solo è auspicabile ma indispensabile per vincere contro la destra”, ha detto l’esponente dem che ha sempre auspicato l’alleanza con i pentastellati al Corriere della Sera. Il leader di Azione, Carlo Calenda, intervistato dall’HuffPost, sotto questo punto di vista è stato molto chiaro: “Per l'amor di Dio, l'Ulivo a cinque stelle proprio no".

“La verità è che Letta ha visto i dati e si è reso conto che i Cinquestelle non solo non sono inaffidabili e hanno posizioni diverse rispetto alle nostre, ma per giunta non hanno nemmeno i voti”, spiega a ilGiornale.it il deputato renziano Michele Anzaldi che rivendica con orgoglio tutti i risultati ottenuti da Italia Viva. “Sono contento che, dopo un anno che ci davano al 2%, alla prima consultazione abbiamo fatto il botto. In alcuni piccoli centro abbiamo eletto i nostri primi sindaci e, in un posto difficile come Roma, i primi due eletti nella lista di Calenda sono renziani, mentre a Milano la Noja ha fatto il pieno di voti”, dice Anzaldi ricordando che “Letta, a Siena, è stato eletto con i voti dei renziani che lì sono fortissimi”. In pratica, come dimostra il voto di Roma, se si vuole fare il nuovo Ulivo, gli interlocutori al centro non possono che essere Renzi e Calenda. Un ‘nuovo Ulivo’ che non preveda, però, la presenza di Conte e dei Cinquestelle con i quali “si governa insieme solo in casi di estrema necessità come questa”. Alla nuova alleanza di centrosinistra, precisano le nostre fonti, si può aggiungere, al massimo, l’ala della sinistra che vuole aderire a un programma condiviso. “Anche se, poi, tutto dipende dalla legge elettorale…”, sentenzia sibillinamente Anzaldi.

Il nodo della legge elettorale sarà cruciale. “Letta si è messo in testa che può battere la destra alle Politiche e, quindi, vuole tenere Rosatellum che prevede il premio di maggioranza”, ci spiega una nostra fonte che aggiunge: “Il maggioritario ovviamente favorisce il bipolarismo, ma non esclude la nascita di un centro. Basta rinunciare ai collegi uninominali”. Il Rosatellum, inffatti, prevede1/3 di collegi maggioritari e 2/3 di eletti col proporzionale. “Se fai uno schieramento di centro, ti trovi nei collegi a competere contro centrodestra e centrosinistra e li perdi tutti”. Se, invece, la legge fosse tutta proporzionale “ovviamente, per il centro, sarebbe tutto più facile”. Nel caso in cui, invece, ci fosse una legge elettorale di tipo maggioritario, allora le ipotesi sarebbero due: “Grande centro da un lato, Pd e M5S dall’altro oppure grande centro insieme al Pd e i Cinquestelle che corrono da soli che, attualmente, è l’ipotesi più probabile”, ci viene profetizzato dalle nostre fonti parlamentari.

Quel che viene, ormai, dato per accantonato è l’’ipotesi di Zingaretti e Bettini di mettere Conte alla guida della coalizione. “Il M5S al Nord-Italia ha preso il 2% e, quindi, è chiaro che Conte non sarà a capo di nulla. Il nodo è se sarà partner oppure no”, osservano fonti interne al Pd. Non bastano, dunque, le dichiarazioni d’intenti del segretario del Pd di aprire a Renzi e a Calenda. “Letta deve mollare o marginalizzare Conte per rendere operativa una opzione del genere, soprattutto in vista dell’elezione del Capo dello Stato e, poi, delle prossime elezioni Politiche”, osservano i riformisti del Pd, restii all’idea di riesumare l’Ulivo.

“Per il 2023 forse serve qualcosa di più contemporaneo del ‘nuovo Ulivo’ che più che altro ricorda la vecchia Unione, l’infausta alleanza del secondo governo Prodi quando erano stati messi insieme tutti: da Rifondazione a Mastella”, ricordano stizziti.

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