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L'avvertimento alla Carfagna: ora deve decidere

Il richiamo anche da Tajani: "Cambiare casacca non porta bene, è un fatto storico"

L'avvertimento alla Carfagna: ora deve decidere

Roma - Contro l'immagine di una Forza Italia «appiattita o subordinata ad una generica destra sovranista», scende in campo direttamente Silvio Berlusconi. E il suo è un duro avvertimento a non diffondere falsità (pur senza fare nomi) a Mara Carfagna e ad altri dissenzienti (come Rotondi, Polverini, Bendinelli, Silli) sulla linea politica che il leader ha indicato.

Già la mattina il vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani, era intervenuto su Sky Tg24, per dire che quello di un azzurro con Matteo Renzi sarebbe «un accordo scellerato» e tanto più che l'idea di una fusione in Forza Italia Viva è «uno scenario che non esiste». Altro che possibile «suggestione», come diceva la Carfagna, facendo pensare di prepararsi al salto nel nuovo partito dell'ex premier se cadesse il governo (anche se poi ha precisato che il centrodestra rimane la sua «casa»).

Berlusconi, dopo il non risolutivo incontro di venerdì sera ad Arcore con la vicepresidente della Camera, cui sono seguite le sue dichiarazioni provocatorie, ha fatto sapere che Mara deve decidere e non può tenere il piede in due staffe. Una specie di ultimatum. Il clima sembra quello che ha preceduto l'uscita di Giovanni Toti dal partito, ma l'esito può ancora essere diverso.

Tajani ricorda che, come la Carfagna, lui è stato «eletto da elettori di centrodestra» e il movimento di Renzi è «alternativo» a Fi. Questo, sottolinea, «per le scelte politiche fatte anche in passato: la riforma delle banche di Credito Cooperativo, delle Popolari, la vicenda Etruria, tutte scelte in contrasto con gli interessi del nostro elettorato, in contrasto con chi ci permette di essere eletti».

Il messaggio del vertice azzurro non è solo per la Carfagna ma per tutto il gruppo degli scontenti antisovranisti che temono la sudditanza a Matteo Salvini e cercano alternative, come la creazione di gruppi autonomi in Parlamento. «Cambiare casacca - avverte Tajani - non porta mai bene, magari arriva qualche deputato ma non arrivano i voti, è un fatto storico, per qualsiasi parte politica. Renzi ora ha bisogno di dire aggrego qualcuno, voi di Forza Italia se siete scontenti venite da me. Ma non è riuscito a convincere quelli del Pd, di cui è stato segretario, figuriamoci se riesce a convincere quelli di Forza Italia». Il discorso è sempre quello di guardare al passato, alla fine fatta da tutti i fuoriusciti del partito di Berlusconi e dalle loro sigle, da Alfano a Verdini, da Ncd ad Ala, a responsabili vari, poi «diventati carne da cannone», come dice qualche azzurro.

Sulla vicenda, qualcuno si fa sentire in difesa della Carfagna. Per Gianfranco Rotondi, spingerla fuori da Fi è «un errore micidiale» e rompere «coi due partiti democristiani fondatori del centrodestra- Dc e Udc - è un suicidio per una forza che vuole rappresentare il Ppe». Il segretario dell'Udc Lorenzo Cesa sostiene che nel centrodestra «c'è bisogno di un bilanciamento ragionevole rispetto al sovranismo esasperato di Salvini e Carfagna da sempre in Fi rappresenta l'anima riformatrice di buon senso».

Uno dei totiani, Paolo Romani, dice che Mara è stata mal interpretata e si augura di costruire con lei un nuovo soggetto politico, con «un po' di Fi, un po' di Cambiamo e tanti mal di pancia e malesseri che ci sono nel nostro vecchio partito».

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