"L'azienda è in macerie È stato un errore lasciare andare Giletti"

L'anchorman: "Dall'Orto era spaesato. Non sapeva dove era atterrato"

"L'azienda è in macerie È stato un errore lasciare andare Giletti"

Milano - La Rai...

«La Rai è in macerie».

Il direttore generale

«Mario Orfeo è arrivato da pochi mesi e si è trovato a dover gestire un cumulo di scelte sbagliate. Diamogli tempo». Ma le polemiche divampano come un falò. Giovanni Minoli, classe 1945, è uno dei guru della tv italiana. Ha condotto un programma cult come Mixer, ha prodotto trasmissioni storiche, come Quelli della notte e Abboccaperta, ha diretto Rai2 e ha inventato tante altre cose prima di arrivare, da pensionato, a Radio 24 e poi a La7. Ora Minoli sospira: «Giletti l'ho convinto io a venire a La7».

Ma viale Mazzini l'aveva già scaricato.

«No, dai: lasciamo perdere. Io sono stato una vita alla Rai, io voglio un bene dell'anima alla Rai e, invece, mi tocca sempre sparare a zero».

Andiamo avanti con Giletti. Cosa non ha funzionato?

«La Rai voleva dimezzarlo. Voleva usarlo solo come nuovo Pippo Baudo ma lui, legittimamente, aveva anche ambizioni giornalistiche. Devo dirla tutta?»

Proviamo.

«Io sono stato un po' il padre di Giletti, l'ho fatto crescere e devo dire che nell'ultima fase era diventato un po' troppo il tribuno che arringa le folle».

Errore?

«No, l'errore è stato quello dei dirigenti Rai».

Ci sono ancora i dirigenti. E sono pure tanti.

«Si, ma quelli che capiscono sono nascosti, imboscati, chiusi in qualche cassetto».

Insomma, che cosa avrebbe dovuto fare il dirigente Rai?

«Avrebbe dovuto chiamare Giletti e dirgli: Senti Massimo, stai esagerando. Si chiama correzione. Il problema è avere un dirigente in grado di capire e fare questo discorso. Dai, lasciamo perdere».

Ancora con questa storia? Parliamo di Fazio.

«Che noia».

Pure Fazio?

«Ma tu lo sai che anche il caviale e lo champagne a pranzo e a cena ti fanno venire il mal di fegato».

Ma Fazio è come un vino pregiato?

«Sul costo milionario non c'è dubbio. Ma Giletti faceva ascolti molto più alti».

Fazio alla domenica e al lunedi. Troppo?

«Ha una caterva di autori che non hanno prodotto un'idea. E quel tavolo lungo lungo ti atterrisce. Ti chiedi: ma dovrò ascoltarli tutti? Fossero anche 10 premi Nobel».

Da dove deve ripartire Orfeo?

«Dovrà pur definire una volta per tutte qual è il compito del servizio pubblico».

Qual è?

«Mi chiami, mi faccia un contratto di consulenza e glielo spiego. Ho qui pronte 10 cartelle. Invece alla Rai si va per approssimazioni. Non si capisce mai bene se c'è un piano, chi l'ha scritto e che cosa c'è dentro. E poi questi dirigenti galleggiano sui propri insuccessi. Li spostano da un canale all'altro, da un fallimento all'altro, da un disastro all'altro».

Orfeo ha ereditato la Rai di Campo Dall'Orto.

«Una persona intelligente, perbene».

E poi?

«Poi nel faccia a faccia che ho realizzato con lui si capiva che era spaesato, non sapeva dove era atterrato».

La famosa idea di servizio pubblico?

«Non l'aveva, oppure mi è sfuggita».

Ma è in crisi la Rai o va forte la concorrenza?

«La Vita in diretta non va bene, ma la d'Urso su Canale 5 è una macchina da guerra. E la De Filippi va fortissimo».

Sempre gli stessi volti?

«E meno male. Repetita iuvant. Di qua invece cambiano in continuazione i conduttori. Sai, la tv è come il calcio. C'è quello parlato, d'estate, in cui tutti sono maestri».

Poi c'e' il calcio giocato.

«Che è come la tv dei numeri. E qui cominciano i guai».

Guai anche per le sorelle Parodi.

«Non le ho viste».

Il peggio che hai visto finora?

«Quello che vedrò».

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