Il leader Usa pronto a far saltare il tavolo

Minaccia di non firmare il testo finale se non parlerà di commercio «equo»

Donald Trump e Emmanuel Macron al G20 di Buenos Aires (Getty)
Donald Trump e Emmanuel Macron al G20 di Buenos Aires (Getty)

New York L'incognita Donald Trump pesa sul G20 di Buenos Aires. Il presidente americano rappresenta nuovamente una spada di Damocle per i grandi della Terra, con gli Stati Uniti che minacciano di sfilarsi dal comunicato finale del vertice in Argentina. Come avvenuto al G7 in Canada, quando il tycoon ha ritirato in extremis la propria firma dopo uno screzio con Trudeau. Il consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, che guida la delegazione dei negoziatori Usa, avrebbe già lanciato un ultimatum chiaro: «O accettate il nostro linguaggio o non aderiremo alla dichiarazione». «Siamo impegnati a lavorare per un consenso sul testo - spiega una fonte della Casa Bianca - ma ci opporremo con forza a un linguaggio che pregiudichi le nostre posizioni, e siamo pronti a tirarci fuori».

Le condizioni che il «falco» Bolton avrebbe messo sul tavolo sarebbero almeno tre: nessuna menzione al libero commercio se non è affiancata dalla definizione «commercio equo», no al passaggio sulla necessità di un rafforzamento delle istituzioni commerciali internazionali (a partire dal Wto), nessun riferimento all'accordo sul clima di Parigi, da cui gli Stati Uniti si sono ritirati. Lo spazio per un compromesso c'è, fa sapere un funzionario di Pennsylvania Avenue, ma alcune posizioni non sono negoziabili, o almeno «non adesso». Nel frattempo altre fonti a Buenos Aires riferiscono che il presidente francese Emmanuel Macron starebbe tentando di costruire un fronte anti-Trump, con una dichiarazione separata appoggiata dai «paesi progressisti», in cui si esprimerebbe l'appoggio all'intesa di Parigi.

Il summit in Argentina si è aperto con un importante successo politico del tycoon, grazie alla firma definitiva del nuovo accordo commerciale tra Usa, Messico e Canada (Usmca), che sostituisce il Nafta. Alla cerimonia, Trump ha parlato di «una enorme vittoria per l'economia americana», affermando di aver mantenuto una promessa fatta in campagna elettorale e parlando di «una delle più importanti e grandi intese nella storia degli Stati Uniti». Mentre il premier canadese Trudeau ha chiesto al presidente Usa di «lavorare insieme per rimuovere i dazi su acciaio e alluminio tra i due paesi».

Rimane invece un grande punto interrogativo sui rapporti tra Washington e Pechino. Tutti gli occhi sono puntati sull'incontro tra Trump e il presidente cinese Xi Jinping a margine dei lavori, anche se la maggior parte degli esperti non si attendono alcuna svolta. The Donald, tuttavia, si è detto ottimista su un possibile accordo: «Ci sono segnali positivi. Stiamo lavorando duramente», chiosa, spiegando come il suo consigliere economico Larry Kudlow è in piena trattativa. Anche da Pechino il China Daily parla di «speranze positive» sul faccia a faccia tra i leader, «se ognuno sarà ragionevole». Osserva che nessuno è in grado di dire se si potranno «allentare le tensioni», ma che qualsiasi risultato emerga, «le conseguenze saranno di vasta portata».

La Cina vuole un accordo, come gli Usa: «Dovrebbe essere abbastanza per una soluzione reciprocamente accettabile alle attuali dispute se si tratta di commercio. Nel caso ci siano altre aspirazioni, come avvantaggiarsi del caso commerciale per soffocare la crescita cinese, allora è improbabile si possa raggiungere un accordo».

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