Il presidente, il cestista e gli pneumatici. Una storia che racconta tanto dell'America, anzi delle due Americhe, quella che arriva da Akron, in Ohio, capitale mondiale della gomma. Qui ha sede la Goodyear Tire&Rubber Company, che ha 122 anni di vita e dà tanto lavoro in quella che è una delle città simbolo della cosiddetta Rust Belt, quello spicchio di Stati Uniti tra i monti Appalachi e i Grandi Laghi, più o meno tra New York e Chicago, che è stato il cuore industriale della prima economia mondiale e che da qualche decennio soffre di un pesante declino. Quindi dio salvi la Goodyear e chi continua a lavorare e far lavorare. Solo che qualche giorno fa è partito dalla Casa Bianca un duro attacco alla compagnia di Akron, colpevole di vietare ai suoi dipendenti di indossare berretti Maga (Make America great Again, slogan trumpiano) consentendo invece i simboli del Black Lives Matter. «Non comprate gli pneumatici Goodyear. Prendete pneumatici migliori a molto meno!», ha twittato Trump, che ha anche garantito che si accerterà che sulla sua flotta di auto presidenziali non vengano montate gomme della scarpa con le ali. Malgrado l'azienda abbia precisato che si è limitata a vietare sul posto di lavoro propaganda politica e abbia negato di aver mostrato a un corso di aggiornamento delle slide che spiegano come gli slogan antirazzisti di Black Lives Matters sono ammessi, ma non quelli a favore di Trump e della polizia, ha perso immediatamente il 2,5 per cento sul listino Nasdaq. Va detto che la querelle non è elettoralmente trascurabile, visto che l'Ohio è incluso tra gli stati in bilico nelle prossime elezioni presidenziali, e quindi potenzialmente decisivo.
E qui arriva LeBron James. Anzi LeBron Raymone James Sr, uno dei più importanti cestisti di sempre, star globale e attuale play dei Los Angeles Lakers. Uno che in carriera è al terzo posto per punti complessivi segnati in Nba, che ha vinto tre volte il titolo e quattro volte l'Mvp, titolo che va al miglior giocatore della stagione. Insomma, un mito. Ovviamente nero. Caso vuole che Lebron sia nato proprio ad Akron, il 30 dicembre 1984. E guai a chi gli tocca l'azienda che tanto ha fatto per la sua città natale. «La Goodyear non è stata grande solo per la mia città - scandisce bene ai giornalisti riuniti nella «bolla» del lake Buona Vista in Florida, dove si sta disputando la stagione Nba terremotata dal Covid - ma per la storia dell'intero Paese. È un brand incredibile con una storia incredibile».
James ha iniziato la sua carriera nel team della sua scuola cittadina, la St. Vincent-St. Mary's High School di Akron, a cui qualche anno fa donò un milione di dollari per consentire l'adeguamento dell'impianto di basket denominato LeBron James Arena. Da qui fece irruzione nel 2003 in Nba nella più importante franchigia dell'Ohio, i Cleveland Cavaliers, dove restò per sette stagioni. Dopo una parentesi nei Miami Heats, nel 2014 James fece ritorno ai Cavaliers che condusse al primo e finora unico titolo Nba nel 2016, consacrandosi come leggenda dell'intero Ohio.
È quindi molto legato alle sue origini e si è detto preoccupato che la sparata di Trump possa danneggiare l'economia di una città come Akron, che ha 200mila abitanti dei quali 3mila impiegati alla Goodyear. «In fondo siamo una piccola città, ci siamo sempre sentiti un po' contati, e questo ci ha sempre reso più uniti». Insomma, Akron live matters, checché ne pensi Trump.
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