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L'effetto Zingaretti-Conte: diminuiscono gli occupati

L'Istat certifica che in dicembre sono aumentati solo i contratti a termine. E le partite Iva chiudono bottega

L'effetto Zingaretti-Conte: diminuiscono gli occupati

Il governo giallorosso ha trasferito nel 2020 una pesante eredità: la crisi occupazionale. Il Pd di Zingaretti, impegnato a festeggiare ancora la vittoria elettorale in Emilila-Romagna, è stato costretto a un bagno di realtà. I dati Istat, inoltre, hanno confermato, qualora ce ne fosse ancora bisogno, il sostanziale fallimento del reddito di cittadinanza pentastellato. E, soprattutto, a causa degli effetti negativi del decreto Dignità e del quadro macroeconomico stagnante, il 2019 si è chiuso con un nuovo record negativo: il minimo storico (dall'inizio delle rilevazioni nel 1977) per i lavoratori autonomi, calati a 5,2 milioni di unità.

Iniziamo dai dati. Il tasso di disoccupazione nell'ultimo mese dell'anno scorso si è confermato al 9,8% (ferma rispetto a novembre anche la disoccupazione giovanile al 28,9%). Ci sono, però, numerosi segnali preoccupanti: in dicembre si sono persi 75mila occupati a tempo indeterminato (nel 2019 il saldo annuale è positivo di 162mila unità) e anche 16mila autonomi (saldo annuale: -71mila). È cresciuto di 17mila unità il numero dei dipendenti a termine (+45mila nel 2019), ormai sopra quota 3 milioni in totale. Sono aumentati anche gli inattivi (al 25%, con 0,1 in più tra novembre e dicembre), mentre il tasso di occupazione è calato al 59,2% (-0,1 punti sul mese di novembre).

Si tratta di numeri doppiamente negativi perché il calo degli occupati si registra a fronte di una contrazione del campione complessivo in quanto si è incrementata la legione di coloro che l'occupazione non la cercano neanche più. Perché, dunque, si può affermare che il reddito di cittadinanza non ha funzionato? Perché il sussidio avrebbe dovuto spingere le persone a rimettersi un gioco ma si è rivelato solo assistenzialismo anche perché le strutture a livello regionale sono ferme.

L'aumento dei contratti a termine e il calo degli occupati stabili e degli autonomi evidenzia due risvolti potenzialmente esplosivi per il quadro macroeconomico. Da una parte, sembra affievolirsi il trend delle stabilizzazioni imposte dal decreto Dignità che ha posto un limite al numero e alla durata dei rinnovi. Dall'altro lato, il contratto a termine riscuote successo poiché le aziende preferiscono avere manodopera flessibile. Da questo punto di vista, è difficile dar torto alle imprese considerato che nei primi 11 mesi dell'anno l'Istat ha registrato un calo dell'1,1% della produzione industriale e che la Confindustria per dicembre si aspetta una prosecuzione del trend negativo. Crisi del commercio globale e carico fiscale levato hanno pesato.

Infine, il minimo storico degli autonomi è indicativo di una sofferenza tanto delle piccole imprese quanto della stretta imposta ai contratti flessibili in regime di partita Iva. «Il lavoro indipendente patisce una riduzione strutturale della forza lavoro impiegata con una perdita di oltre 680mila unità rispetto al 2007, riflesso della compressione della domanda rivolta alle piccole imprese del terziario», ha chiosato Confcommercio.

«Massacrare il lavoro autonomo significa frenare la crescita del Paese: si colpisce chi produce per aumentare la spesa assistenziale», ha ricordato il capogruppo al Senato di Forza Italia, Anna Maria Bernini puntando il dito contro la stretta sulle compensazioni tra crediti e debiti d'imposta che quest'anno sottrarrà 5 miliardi di euro agli autonomi.

«Un disastro annunciato», ha concluso l'esponente azzurra.

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