Il fatto sarebbe sgradevole in sè: e a renderlo ancora più imbarazzante per il presidente del Consiglio sarebbe averlo nascosto. Giuseppe Conte si trova a dover fare i conti con l'offensiva lanciata da Matteo Salvini sulla vera natura dei suoi rapporti con l'avvocato genovese Guido Alpa, docente universitario. È una rogna che aveva già investito Conte un anno fa, quando stava a Palazzo Chigi a nome della maggioranza gialloverde, e che gli ripiomba addosso ora, dopo il ribaltone estivo, su iniziativa dell'ex alleato Matteo Salvini. Che fa capire (a meno che non sia un bluff) di essere a conoscenza delle carte che incastrerebbero il capo del governo.
Tutto ruota intorno alle richieste di pagamento che Alpa e Conte inviarono nel 2001 al Garante della privacy, che avevano difeso insieme in una causa contro la Rai. Vedendo quelle carte si scoprirebbe finalmente se Alpa e Conte erano due professionisti autonomi, o erano invece soci. Entrambi, però, hanno rifiutato ostinatamente di renderle pubbliche, proibendo anche al Garante di consegnarne una copia ai giornalisti (di Repubblica e delle Iene) che le avevano chieste l'anno scorso. Ma ora dalla Lega parte una interrogazione - firmata dal deputato Lucia Borgonzoni - allo stesso Conte, che in sostanza lo sfida a tirarle fuori, chiedendo «se il presidente del Consiglio può escludere che esistano progetti di parcella firmati da entrambi e su carta cointestata riferiti ai patrocini prestati al Garante; se, in caso contrario, come ciò possa conciliarsi con la più volte ribadita autonomia e se reputi opportuno che un presidente del Consiglio, nell'escludere un conflitto, ricostruisca i fatti omettendo di esplicitare elementi decisivi». Il tono, come si vede, è quello di chi quelle carte le ha già potute leggere.
Perché la natura dei rapporti tra Conte e Alpa sia così importante è noto. Conte l'anno scorso dovette difendersi pubblicamente quando si scoprì che nella sua carriera c'era un passaggio singolare: il concorso per diventare professore ordinario all'università della Campania, vinto da Conte grazie a una commissione di cui faceva parte Alpa, suo socio in alcune difese. Per liberarsi dal sospetto di un concorso addomesticato, Conte ha scelto una strada precisa: negare di essere stato socio di Alpa e di avere mai avuto uno studio in comune con il professore genovese. Non ha potuto negare di avere assistito il Garante insieme ad Alpa, ma ha sostenuto che si trattò di una collaborazione occasionale, gestita da ciascuno autonomamente. Tanto che, scrisse, «abbiamo fatturato al nostro cliente ciascuno per proprio conto».
Le fatture, per ora, non si sono viste. È possibile che, quando salteranno fuori, confermeranno la versione di Conte. Ma c'è da notare che l'interrogazione della Borgonzoni non parla proprio di fatture ma di un documento diverso: «Progetti di parcella firmati da entrambi e su carta cointestata». Di questi progetti non si era finora mai parlato, l'interrogazione leghista li catapulta sulla scena sapendo che se esistessero davvero sarebbero sufficienti a dimostrare la stabilità del rapporto tra Alpa e Conte. E su quest'ultimo graverebbe a quel punto la colpa di avere omesso un dettaglio fondamentale: negando di avere emesso una fattura insieme a Alpa, probabilmente Conte ha detto la verità. Ma non l'ha detta tutta.
Se la Lega avesse già in mano i progetti di parcella li avrebbe probabilmente già tirati fuori, ma appare improbabile che Salvini faccia partire la Borgonzoni all'attacco del
premier senza la certezza che Conte non possa facilmente trarsi d'impaccio. E se Conte dovesse confessare, a quel punto si aprirebbe l'intero capitolo dei suoi rapporti con il professore che oggi a stento ammette di conoscere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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