Per più di qualcuno, dentro e fuori il Movimento Cinque Stelle, «Di Maio se continua così rischia di fare la fine di Renzi». Il paragone non è riferito a una possibile scalata verso Palazzo Chigi, ma alle tensioni interne che, sotto traccia, stanno sfaldando la «base» e il gruppo dirigente pentastellato. La definizione l'ha data Riccardo Nuti, ex deputato sospeso per il caso firme false a Palermo, giovedì quando ha detto: «M5s Vs Pdm». Ovvero «Partito di Di Maio». Il leader, attorniato da un piccola squadra di luogotenenti, ha già indicato i due capigruppo per Camera e Senato. Danilo Toninelli, braccio operativo delle trattative di questi giorni, a Palazzo Madama e Giulia Grillo a Montecitorio. Il primo fa parte del cerchio magico, la seconda, dopo anni un po' in disparte, si è avvicinata al capo a partire dal 2015. Quando insieme a tutta la truppa siciliana in Parlamento ha appoggiato la linea Di Maio durante il caos Raggi.
Da allora l'avvicinamento al candidato premier, poi la prima nomina a capogruppo. E ora la riconferma. Con un'altra regola nuova: non più le ballerine rotazioni semestrali dei presidenti di gruppo, ma incarichi di 18 mesi. Toninelli, tra l'altro, è entrato in Parlamento soltanto grazie alla quota proporzionale del Rosatellum. Perché al collegio uninominale di Cremona si è dovuto accontentare di un misero 22%, battuto nettamente da Daniela Santanchè, che ha racimolato il 48% dei voti.
La costruzione del Partito di Di Maio, intanto, passa anche dal reintegro della deputata riminese Giulia Sarti. La Sarti, fedelissima del leader, era stata coinvolta nel caso Rimborsopoli, e poi aveva accusato l'ex fidanzato Bogdan Tibusche. Era una degli «autosospesi» ma ieri si è presentata alla riunione dell'Hotel Parco dei Principi e a chi le ha domandato se fosse rientrata nei ranghi ha risposto con un laconico «Sì». Nei giorni scorsi il «perdono» era stato annunciato da Max Bugani, coordinatore grillino in Emilia Romagna: «La Sarti tornerà con noi».
Tutto mentre proseguono i contatti per «ottenere un incarico da Mattarella». Lo stato maggiore grillino attende la direzione del Pd di lunedì, le speranze di un accordo con i dem sono al lumicino. Con la Lega, invece, si sono intensificate le telefonate degli emissari di un «Di Maio che è diventato ansioso, preoccupato dalla porta chiusa del Partito Democratico». Il dialogo si starebbe sviluppando a partire dalle presidenze delle Camere, però l'offerta del M5s comprenderebbe anche un «alleanza su più punti programmatici».
E la spaccatura tra chi «spera nel Pd» e chi «vuole andare con la Lega» è sempre più forte. A partire dai parlamentari uscenti, da sempre divisi in una corrente di «destra» e in una di «sinistra». Fino alla base, dalla quale arrivano segnali contrastanti. Ieri La Stampa rivelava un sondaggio segreto che dimostrerebbe che gli elettori M5s preferiscono un accordo con Matteo Salvini.
Il Fatto Quotidiano rispondeva con una rilevazione di Antonio Noto, sempre in apertura di prima pagina: il 59% di chi ha votato Pd vuole un governo con il M5s e tra i Cinque Stelle lo stesso esecutivo sarebbe appoggiato dal 49% degli elettori. Decidetevi.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.