La Lega non andrà alle crociate per difendere l'idea di famiglia del senatore Simone Pillon. Il disegno di legge sull'affido condiviso, è «una iniziativa autonoma di Pillon», spiegano dal Carroccio. Soprattutto non ha il placet del ministro della Famiglia, il leghista Lorenzo Fontana, che aveva già dato un parere piuttosto critico al ddl, al momento in discussione in Commissione Giustizia al Senato. «A mio modo di vedere ci sono sicuramente degli aggiustamenti e delle cose da correggere», aveva detto Fontana lasciando intendere che l'iter della legge non sarà breve e dunque ci sarà il tempo di «discutere ed eventualmente rivedere la legge». Fontana, insomma, aveva già indirettamente risposto alla critica dei Cinque Stelle e alla bocciatura senza appello del ddl Pillon da parte del vicepremier, Luigi Di Maio. Il ministro dello Sviluppo Economico, pur riconoscendo che il contratto giallo verde prevede la riforma dell'affido, è andato all'attacco. Così com'è il ddl Pillon non va, dice Di Maio, perché «ha effetti collaterali sulle donne. È come quando vuoi ottenere un buon risultato ma poi ti trovi con effetti imprevisti da correggere. Finché non tutelerà bambini e donne per noi non va bene. Ma avremo tutto il tempo per sistemarlo».
Insomma, visto che al momento è stata congelata la grana rappresentata dalle opposte vedute sulla prescrizione la Lega non intende al momento puntare i piedi sul ddl Pillon. Certo che le acque del governo siano agitate è innegabile e qualche mal di pancia nel Carroccio in difesa di Pillon si registra. Ad esempio quello del capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo. «Noi abbiamo presentato il ddl Pillon su cui abbiamo chiesto il parere dei Cinque Stelle, loro hanno pure firmato, è stato calendarizzato, siamo disponibili all'ascolto, ma l'ossatura del disegno di legge deve essere quella, - insiste Romeo - perché se l'intento è quello di stravolgerlo allora no».
A frenare il cammino del ddl però non c'è soltanto Di Maio. Oggi infatti in 60 piazze d'Italia sono previsti manifestazioni, sit-in, cortei e presidi per chiedere il ritiro del testo che non piace a molte associazioni del settore: da Telefono Rosa a Donne in Rete contro la violenza. E ancora Arci, Arcigay, Arcidonna, associazioni professionali, comitati cittadini e associazioni che si occupano di infanzia e sindacati. In prima fila anche il Pd. Tutti sostengono che il ddl finirebbe per tutelare chi è più forte nella coppia non tenendo conto delle reali esigenze dei figli. I punti cardine del provvedimento prevedono la mediazione civile obbligatoria per le questioni in cui siano coinvolti i figli minorenni. Un equilibrio «perfetto» dei diritti dei due genitori per quanto riguarda il rapporto con i figli con tempi paritari. Il mantenimento in forma diretta senza automatismi. Il contrasto dell'alienazione genitoriale. Anche in caso di separazione e divorzio insomma i genitori dovrebbero essere ugualmente presenti. Uno delle norme più criticate è quella che prevede che il figlio trascorra con entrambi i genitori non meno di 12 giorni al mese, compresi i pernottamenti. Soluzione non facile dal punto di vista pratico e che appare penalizzante per il minore.
Perplessità anche per la difficile gestione dei casi di violenza domestica.Anche la vicepresidente della Camera, Mara Carfagna, Forza Italia, aveva criticato il ddl ricordando che «l'interesse dei bambini non può passare in secondo piano».
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