Lega sull'Aventino: no al reddito all'ex Br

Il Carroccio diserta le Camere per il sussidio alla Saraceni. D'Antona: ingiustizia

Lega sull'Aventino: no al reddito all'ex Br

Roma - «Il reddito di cittadinanza all'ex brigatista Federica Saraceni, condannata per l'omicidio di Massimo D'Antona, è un insulto intollerabile per i parenti della vittima e per tutte le persone perbene. La Lega non parteciperà a nessun lavoro d'aula e di commissione finché il governo non spiegherà questo scandalo e quest'ingiustizia sarà sanata».

Il Carroccio alza la voce, sale sull'Aventino e blocca le Camere per protesta contro quei 623 euro erogati come sussidio alla Saraceni, soffiando così sul fuoco delle polemiche, che però non risparmiano nemmeno il partito di Matteo Salvini, che quel provvedimento di cui ora si avvantaggia la brigatista dissociata lo aveva votato insieme ai Cinque stelle, nel precedente governo.

Lo rimarca, per esempio, anche la presidente di Fdi, Giorgia Meloni, secondo la quale il reddito all'ex br è uno «scandalo» causato «anche della bocciatura in Parlamento dell'emendamento di Fdi per escludere dai beneficiari del reddito di cittadinanza chi è stato condannato per gravi reati penali». La norma, così come approvata da M5s e Lega, insiste la Meloni, permette di incassare l'assegno anche a «ladri, pedofili e stupratori, oltre ad assassini e terroristi». Una «follia», conclude la presidente di Fdi, che il suo partito «aveva segnalato in totale solitudine. Ora il governo vari urgentemente una norma per fermare questo scempio». Alla leader di Fdi si unisce anche il capogruppo Francesco Lollobrigida, e il senatore di Fdi Albero Balboni chiama direttamente in causa il Carroccio, ironizzando sul tardivo ravvedimento leghista e ricordando agli alleati che «per evitare tutto questo» sarebbe appunto bastato votare gli emendamenti di Fdi «anziché bocciarli unendo i loro voti a quelli del M5s».

Ma il fronte degli indignati, al di là dei distinguo, è trasversale. L'azzurro Giorgio Mulé invita ad abolire la misura di sussidio, e pure la democratica Marianna Madia twitta polemica a proposito di una «norma sbagliata», annunciando una interrogazione sul caso. Un pasticcio che ora l'esecutivo è chiamato a comporre, oltre a dover spiegare come sia possibile che la donna, condannata in via definitiva a 21 anni e sei mesi di carcere dalla Corte di Cassazione poco più di dieci anni fa, il 18 febbraio del 2009, percepisse - ai domiciliari - un sussidio al reddito che dovrebbe servire come misura parallela alla ricerca di un impiego. La confusione sui requisiti, che comunque - al netto delle ambiguità cella norma - non sarebbero rispettati dalla Saraceni, sono anche al centro di una indagine che sarebbe stata avviata ieri dai ministeri della Giustizia e del Lavoro in raccordo con l'Inps per verificare la pratica e identificare eventuali anomalie.

E intanto anche Olga D'Antona, la vedova del giuslavorista ucciso dalle Br in via Salaria nel 1999 dice la sua sul caso, confessando di aver provato un «grande senso di ingiustizia» e chiedendo, senza mezzi termini, di «rivedere quella norma».

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