nostro inviato a Firenze
La platea è talmente gremita che quando Matteo Renzi prende la parola per rivelare finalmente quale sarà il simbolo elettorale di Italia viva c'è gente che cerca di salire sulla sedia per vederlo bene. «Buoni, seduti, altrimenti nessuno vedrà niente», grida il leader nel microfono.
La scenografia organizzata da Lucio Presta (il produttore del documentario renziano su Firenze), al momento clou, fa calare dall'alto il logo mentre le luci roteano come in discoteca e parte un sottofondo musicale ad alto impatto emotivo. Erano ben 31 i simboli che erano stati proposti settimane fa all'ex premier per battezzare la sua nuova creatura politica. Di quelli, Renzi ne aveva selezionati tre, proponendo di sottoporli al voto online dei simpatizzanti. Ha vinto quello che più gli piaceva, e che subito i maligni hanno paragonato al vecchio logo dell'Italia dei valori di Di Pietro per la sagoma stilizzata di quello che pare un gabbiano in volo. Ma che non lo è affatto, precisano subito da Iv: «Nessuno di noi ha mai pensato ai gabbiani, è una V stilizzata di Italia viva», spiega Ettore Rosato, mentre qualche post-di pietrista già prova a guadagnarci e si butta a chiedere a Renzi risarcimenti pecuniari. Matteo Renzi firma sul palco la tessera Numero Uno del suo nuovo partito, si mostra commosso ed esulta per la partecipazione: alle sei del mattino, davanti ai cancelli della Leopolda, c'era già la fila per assicurarsi un posto all'interno. E oggi, per il gran finale con il Renzi show della domenica mattina, è stato ordinato un maxi-schermo per garantire anche ai molti che resteranno chiusi fuori di poter seguire la diretta.
La scommessa era rischiosa, ma «la abbiamo vinta», dice la luogotenente milanese di Renzi Ada Lucia De Cesaris, che venerdi rassicurava via WhatsApp il leader: «Saranno moltissimi, vedrai». La platea, che nel pomeriggio si divide secondo tradizione in 54 affollatissimi tavoli di lavoro, vede la presenza di molti piccoli e medi imprenditori atterriti dai grillini, spaventati dal Pd e delusi dal corporativismo assistenzialista della Lega. E molti sono i dem in uscita dal partito per seguire l'ex premier nella sua avventura. Sarà «un partito non del leader, ma con un leader», annuncia tra gli applausi Ettore Rosato, che insieme a Teresa Bellanova ha scritto la carta dei valori e lo statuto della nuova forza politica. E ricorda: «Ci voleva qualcuno con la spina dorsale, ad agosto, per non lasciare l'Italia a Matteo Salvini», aggiunge, e parte l'ovazione. Poi l'affondo agli ex compagni di partito del Nazareno: «Sapete a chi non piacciono i partiti con un leader forte? A chi un leader non ce l'ha». Il diretto interessato fa il modesto: «Non so se c'è un leader, so che c'è una squadra che farà dell'Italia un posto più bello», dice Matteo Renzi. Che rifiuta di rispondere direttamente alle polemiche sul Pd: «Siamo una bella comunità di donne e di uomini che fa belle proposte per il futuro dell'Italia.
Da noi zero polemiche», rassicura rivolto a Palazzo Chigi. Alla Leopolda, aggiunge, «c'è un sacco di gente che ha portato le proprie idee e la propria passione e il proprio entusiasmo. È la dimostrazione che con le idee si può andare lontano».
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