Lo chiamavano «Mister crisi». Undici anni di esperienza in vertenze aziendali, per un totale di duecentomila posti di lavoro, confermato da otto ministri dello Sviluppo economico di colori diversi. Tanto che nel febbraio dell'anno scorso, quando Luigi Di Maio lo ha silurato dalla guida della task force del Mise per le crisi aziendali, gli attestati di stima per Giampietro Castano sono arrivati sia da Pierluigi Bersani che da Carlo Calenda. E l'ex funzionario del Mise, nonostante la provenienza Cgil, era stimato anche da ex ministri di Forza Italia come Paolo Romani.
A distanza di un anno, mentre la più importante delle crisi seguite dal Mise, il caso ex Ilva, si avvia verso una conclusione piena di rischi e incertezze, si capisce quanto sia stata improvvida la sostituzione di Castano. Il super esperto, che era in carica il 6 settembre 2018, quando fu firmato l'accordo per la cessione di Ilva ad ArcelorMittal di cui Di Maio si vantò in un famoso intervento su Facebook («abbiamo risolto la crisi Ilva in tre mesi»), oggi milita sul fronte opposto. Il funzionario è stato arruolato da Gianni Origoni Grippo Cappelli, secondo studio legale d'Italia per fatturato, in qualità di Of Counsel, i consiglieri esterni ad alta specializzazione di cui si servono tutte le grandi law firm.
Sul sito dello studio legale, Rosario Zaccà, co-managing partner, salutava così il nuovo arrivato: «La presenza del dott. Castano al nostro fianco è per noi preziosa soprattutto in relazione alla gestione delle maggiori crisi industriali del Paese, nelle quali il nostro Studio è regolarmente coinvolto». Tra queste compare proprio il caso ex Ilva. Lo studio Gop cura gli interessi legali di ArcelorMittal nella causa intentata dai commissari di governo contro il colosso franco indiano dell'acciaio nella speranza di farlo desistere dall'intenzione di mollare la fabbrica di Taranto al suo destino.
Non è dato sapere se Castano abbia fornito la sua preziosa consulenza anche per un cliente importante dello studio come ArcelorMittal. Ma è una cosa è certa. I buoni uffici degli avvocati milanesi hanno fatto prendere alla vertenza una piega decisamente gradita al primo produttore mondiale di acciaio. Con il preaccordo firmato due giorni fa, stando alle indiscrezioni Mittal otterrebbe uno sconto sui canoni d'affitto ancora da pagare, una clausola di uscita da 400 milioni (più 100 di valore del magazzino) certamente non punitiva rispetto al maxi investimento da 4 miliardi che aveva promesso di fare. E in più non metterà un euro nella nuova società «green» che il governo vuole creare per avviare a Taranto una produzione di acciaio «ecologica». A novembre, se eserciterà l'opzione, ArcelorMittal potrebbe lasciare la fabbrica allo Stato, che si ritroverebbe con un buco nero miliardario da riempire e un'emergenza occupazionale drammatica.
Ma non c'è problema. A gestire la crisi ci penserà la nuova task force che l'attuale ministro Stefano Patuanelli ha ereditato da Di Maio. Un gruppo di lavoro che non è riuscito a chiudere nessuna delle grandi crisi aperte, fortemente criticata dai sindacati.
A guidarla, al posto di Castano, l'ex leader pentastellato ci ha piazzato Giorgio Sorial, ex parlamentare grillino non rieletto. E pensare che era il Blog delle stelle una volta a denunciare i «trombati» che la casta finisce con il «sistemare con incarichi di sottogoverno».
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