Anche in Emilia il terremoto colpì di notte nella prima delle 5 scosse che fra maggio e giugno 2012 sconvolsero la Bassa, fra Modena, Bologna e Ferrara. Allora si contarono 27 morti, centinaia di feriti e oltre 20 mila sfollati. Oggi la parola ricostruzione ha i contorni della speranza ma anche della concretezza. Quel 20 maggio di 4 anni fa, alla prima scossa delle 4.03 che sfiorò i 6 gradi di magnitudo, seguì, nove giorni dopo, un doppio appuntamento con la morte, alla mattina e nel primo pomeriggio. Poi ancora il 31 maggio e il 3 giugno, quando la terra cominciò a dare tregua, lasciandosi dietro 54 Comuni devastati e almeno 14 miliardi di danni. Mirandola, Finale, San Felice, Medolla, Cavezzo e gli altri. Compromesso il distretto ceramico delle piastrelle e il settore caseario, con le forme di parmigiano rovesciate a fare da triste icona di un piccolo grande mondo distrutto.
La ricostruzione partì con una strategia ben precisa. Prima le industrie, poi le case e, da ora in avanti, i centri storici e il patrimonio artistico. Oggi 19 mila cittadini sono rientrati nelle proprie abitazioni ed è stata garantita la continuità operativa a 1.680 aziende. Alla ripresa ha contribuito anche un'esenzione fiscale pari a 39 milioni di euro a favore di 1.770 micro-imprese nei centri storici con le Zone franche urbane istituite dal Governo. «L'80% dei nuclei familiari è tornato alla normalità». ha detto il presidente della Regione e Commissario delegato alla ricostruzione, Stefano Bonaccini.
I numeri parlano di 1 miliardo di euro di contributi erogati per la risistemazione delle abitazioni e di 504 milioni per le imprese. La fotografia dei luoghi dell'ex zona rossa racconta di paesi dove di giorno non si rinuncia al mercato, mentre la sera, fra case ed impalcature, il silenzio è ancora però assordante. Ma il futuro passa anche da qui.
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