Ma l'esercito è logoro e i fondi scarseggiano. "La nostra avanzata più lenta del previsto"

Putin in crisi militare, economica e politica. La corsa sui centri urbani per chiudere la partita

Ma l'esercito è logoro e i fondi scarseggiano. "La nostra avanzata più lenta del previsto"

I giocatori di scacchi hanno paura soprattutto di una parola: Zeitnot. Il lemma di origine tedesca indica quando durante una partita si sta finendo il tempo utile e si è costretti a correre per non vedere cadere la bandierina sopra l'orologio che segna la fine della partita e la sconfitta. Mosca non può materialmente perdere la feroce e folle partita che ha iniziato con Kiev però ha visto saltare tutte le tempistiche previste e rischia di trovarsi all'angolo dal punto di vista economico, diplomatico e strategico. Ieri il Cremlino ha annunciato che l'esercito russo non esclude di prendere il «controllo totale delle grandi città ucraine» - condizione che permetterebbe a Mosca di negoziare con Kiev in una posizione di dominio -, specificando che non esiste «un'ipotetica data» per la fine «dell'operazione speciale», ovvero la guerra. Ma al di là dei proclami e della pressione altissima su Mariupol - che è il successo minimo per giustificare l'enorme dispendio di mezzi e di uomini e verso la quale bloccano anche i convogli umanitari - persino gli alti comandi russi sono ormai costretti ad ammettere che le cose non vanno come dovrebbero. Il capo della Guardia Nazionale Victor Zolotov si è lasciato sfuggire un «non tutto sta andando alla velocità che vorremmo». Persino operazioni riuscite come l'attacco contro la base di Yavoriv - sono stati lanciati oltre 30 missili - che sono pensate per tagliare le linee di collegamento che riforniscono l'esercito ucraino di volontari e armi, mostrano quanto le truppe russe siano in difficoltà e non riescano a venire a capo dei continui attacchi a colpi di anticarro e droni. Non si possono avere certezze delle notizie diffuse dal New York Times sul tentativo di Mosca di ottenere armi da Pechino. Ma al di là della negazione di prammatica da parte dei comandi russi, se fosse vero sarebbe l'indizio di una crisi profonda. L'enorme macchina militare di Putin, il secondo esercito del mondo che però è strangolato dal costo folle del suo deterrente nucleare, avrebbe già finito il suo arsenale di qualità, e si ritroverebbe a dover ricorrere alle sue grandi riserve di mezzi a bassa tecnologia. Con cui può comunque vincere, ma a prezzo di attacchi indiscriminati e sempre più estesi sui civili. Secondo fonti di intelligence britannica: «Con l'aumento delle perdite nel suo esercito, la Russia sarà costretta a trovare alternative per rafforzare le sue truppe esauste». Le perdite di Mosca non sono quelle propagandate da Kiev ma ormai gli analisti le stimano superiori ai 6mila morti per non parlare dei velivoli e dei mezzi blindati persi.

E il fatto che un'operazione che avrebbe dovuto durare giorni, e poi portare ad una soluzione in tre settimane, sia ormai giunta alla diciannovesima giornata mentre le sanzioni si accumulano ha effetti anche economici che non si misurano solo con le code ai negozi di Mosca. La Russia ha già perso l'accesso a quasi la metà delle sue riserve. Lo ha ammesso il ministro delle finanze russo Anton Siluanov: «Il totale delle nostre riserve è circa 640 miliardi di dollari, e circa 300 miliardi sono in una condizione per cui è impossibile usarle». Significa che Mosca cercherà di ripagare alle scadenze a partire da domani (oltre 100 milioni di dollari di pagamenti per cedole) il suo debito in rubli, almeno verso i «Paesi ostili», il tutto mentre la sua moneta va a picco. Farebbe danni enormi ai creditori ma renderebbe praticamente certo il default della Russia. Che intanto, come extrema ratio, proverà ad utilizzare le sue riserve valutarie in yuan non bloccate.

Sarà un dettaglio ma pare Putin non intenda più recarsi in Crimea per l'anniversario della «reunione» della penisola con la Russia, il prossimo 18 marzo, una data che avrebbe dovuto essere un simbolo.

Intanto oggi alle 10 riprenderanno i negoziati, a cui i russi sembrano iniziare a sedersi in modo diverso. E che si sperano trovino una via di mediazione perché un Cremlino bloccato e sul lastrico potrebbe imboccare percorsi sempre più pericolosi.

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