
Il boato degli attacchi aerei, le incursioni dei tank israeliani. Scene di panico, terrore, angoscia. E poi lunghe colonne di palestinesi che si riversano verso il sud della Striscia su carri trainati da asini, risciò, veicoli carichi di merci o a piedi. Israele ha lanciato la tanto attesa operazione di terra, ha inviato le sue truppe e martellato Gaza City con pesanti raid. Il bombardamento più intenso mai subito in due anni di guerra. Alcuni quartieri sono già lande desolate. Ma il viaggio più infelice che la gente di Gaza deve affrontare è pericoloso, molto rischioso. Il caldo è soffocante, il paesaggio devastato, macerie, caos, scene da fine del mondo. Chi possiede un'auto o può permettersi un taxi è avvantaggiato. Veicoli malconci, alcuni senza finestrini o parabrezza, si accalcano lungo le vie sterrate. Sullo sfondo città sfregiate da cui si alzano colonne di fumo nero. Le macchine sono cariche di materassi, valigie e sacchi. Alcuni fuggono a piedi, disperati, portando solo ciò che possono trasportare. Le strade sono affollate da persone che non riescono a trovare un posto dove ripararsi, un girone dantesco. Omar al-Far, 37 anni, e la sua famiglia sono scappati e hanno costruito la loro tenda accanto a una discarica. Montagne di spazzatura su di loro. Omar è preoccupato per insetti, roditori e malattie. Ma spiega: "Gli affitti sono incredibilmente alti. Non abbiamo soldi".
Nesreen Joudeh, 40 anni, invece, racconta di essersi rifugiata con il marito e i quattro figli in un appartamento i cui muri sembrano sgretolarsi. Implora aiuto e teme che presto saranno morti tutti. "A ogni singolo attacco, pezzi di cemento ci cadono in testa e io urlo in continuazione" confessa. Montaser Bahja, un ex insegnante, si è nascosto anche lui in un'abitazione vicino alla costa sul Mediterraneo. Un intenso bombardamento è iniziato durante la notte, il terreno sotto il suo palazzo tremava. "Siamo tutti terrorizzati. La morte sarebbe più misericordiosa di ciò che stiamo vivendo" rivela con amarezza. Quando l'operazione di terra è iniziata, l'esercito israeliano ha intimato a chiunque fosse rimasto a Gaza City di andarsene il più rapidamente possibile. Ma molti non possono permetterselo. "Non ho un posto dove andare, né una casa, né una tenda, né un'auto con cui spostarmi" confida Bahja. "Non stanno combattendo Hamas. Stanno combattendo tutti noi civili".
Anche Joudeh spiega che il trasporto fuori città ha raggiunto cifre astronomiche, mille dollari o più negli ultimi giorni. E non possono andarsene a piedi perché suo marito soffre di diabete e pressione alta. "Ci hanno spezzato" racconta. "Cos'altro ci faranno?". Anche se la sua famiglia sopravviverà non saprebbe come sfamarla. A casa le sono rimasti solo due chili di farina e qualche scatolame. Abu Tamer, un uomo di 70 anni pure lui in viaggio verso sud con i suoi cari, sottolinea: "Stanno cancellando i nostri ricordi".
"È come fuggire dalla morte verso la morte, quindi non ce ne andiamo" urla, invece, Um Mohammad, una madre che vive nel sobborgo occidentale di Sabra, sotto il fuoco aereo e terrestre da giorni. La verità è agghiacciante, scarna: molti palestinesi hanno fatto le valigie come se pensassero di non poter tornare mai più a Gaza City. Un addio feroce.