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L'eterna agonia dei marò: arbitrato internazionale non prima del 2018

La corte dell'Aja ha definito il calendario del processo arbitrale. Si prevede una conclusione non prima del 2018, ma potrebbe essere rimandata ancora

L'eterna agonia dei marò: arbitrato internazionale non prima del 2018

L'eterna, patetica, vicenda dei marò non finirà prima di agosto 2018. Altri due anni, insomma, nell'attesa che i giudici della corte dell'Aja si pronuncino sulla più grottesca vicenda internazionale degli ultimi anni. Grottesca e offensiva, per l'Italia e per i suoi soldati che si sono trovati all'interno di qualcosa di più grande. Più grande di loro erano le lotte intestine per le elezioni indiane che spinsero il governo di allora a cercare in tutti i modi di processare i marò in India; più grande di loro è stata l'incapacità di tre governi italiani nel gestire la vicenda; più grande di loro, infine, è (e sarà) l'elefantica lentezza della giurisdizione internazionale.

Oggi, infatti, è stato pubblicato il calendario che il Tribunale arbitrale ha redatto il 18 gennaio nella prima riunione procedurale. Per arrivare al verdetto, quale che sia, l'Aja se la prende (molto) comoda. La fine del tunnel non arriverà prima dell'agosto 2018. Esatto: 2018. Altro che "rapida soluzione" come avevano promessa prima Letta, poi Renzi e Pinotti. Quando arriverà la fine dell'estate 2018, i marò spegneranno per la sesta volta le candeline della prigionia in territorio indiano. Sei anni. Vi pare normale? No. Non si conosce precedente simile, con un Paese costretto a lasciare (e incapace di fare altrimenti) due soldati in mano a un Paese estero, quando ogni regola internazionale vorrebbe che a giudicare i marò fosse un tribunale italiano. Inutile ripercorrere tutte le tappe, dalle perizie che scagionano i due fucilieri di marina ai continui rinvii della corte del Kerala. Il passato è passato, ma il futuro è forse peggiore. Se non fosse che rimane la speranza di una conclusione positiva e del rientro in Patria.

Massimiliano Latorre ha pubblicato questa mattina su Facebook una foto con alcuni amuleti, scrivendo speranzoso: "Lunedì 18 Gennaio 2016: oggi inizia un altra fase". Non è servito a molto. Questa, ulteriore fase durerà troppo a lungo. I prossimi appuntamenti che Latorre e Girone sono costretti a segnare in agenda sono il 16 settembre 2016, quando l'Italia dovrà presentare la sua versione dei fatti in una memoria. L'India farà lo stesso il 31 marzo 2017. E così di mese in mese, arriverà la replica dell'Italia il 28 luglio 2017 e la controreplica indiana il 1 dicembre 2017. Ma non è finita qui.

Il governo indiano, infatti, potrà presentare obiezioni di giurisdizione e ammissibilità che potrebbero far slittare tutto. In caso contrario (ma sembra difficile possa accadere), l'Italia potrà mettere subito agli atti la sua contro-replica il 2 febbraio 2018. A quel punto, raccolti tutti i dati e i punti di vista, il Tribunale dovrà emettere un giudizio entro sei mesi. E così si arriva all'agosto del 2018. Bene, ma non benissimo. Una clausola, infatti, permette al Tribunale dell'Aja di allungare i tempi "in accordo con le Parti" per permettere a Roma e Delhi di avere più tempo per presentare le relative dichiarazioni.

Più rapida, invece, dovrebbe essere la decisione sulla sorte di Salvatore Girone, per cui l'Italia aveva chiesto il

rientro in Italia. L'udienza è fissata per il 30-31 marzo 2016. Una magra consolazione, in attesa di un giudizio che sembra davvere non arrivare mai. E le colpe di tutto ciò sono diffuse. Soprattutto a livello governativo.

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