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L'eterno alibi del complotto

A noi romani viene il sospetto che Roberto Gualtieri sia una Virginia Raggi con la chitarra

L'eterno alibi del complotto

A noi romani viene il sospetto che Roberto Gualtieri sia una Virginia Raggi con la chitarra. E forse persino un po' peggio, a giudicare dal fetore, dolciastro da cadavere in putrefazione, che circonfonde i cassonetti da mesi oppure dalla vegetazione selvaggia e savanoide inerpicata sui marciapiedi divelti o tale da coprire la stessa visuale dei semafori. Certamente i due hanno altro in comune: oltre a scaricare tutte le colpe sul predecessore, quello di imputare i disastri della loro amministrazione a complotti. Virgi' li evocava a ogni pie' sospinto, ed erano sempre i «poteri forti» ostili al «vento di cambiamento»: ma l'unico vento era quello della spazzatura. Oggi invece il potentissimo dirigente Pd romano, Claudio Mancini, secondo alcuni il vero sindaco, addita in una rete organizzata di piromani l'origine dei devastanti incendi dell'ultima settimana, quasi uno ogni due giorni: l'ultimo, divorava un viale intitolato a Palmiro Togliatti, somma ironia per un sindaco post-comunista (e studioso di Togliatti da storico). Solo che il complottismo di Raggi, per quanto ridicolo, un senso poteva averlo, perché la sua giunta non era gradita, con molte ragioni, a buona parte del mondo economico romano e soprattutto alla potentissima burocrazia. Ma Gualtieri e Mancini sono del partito della burocrazia capitolina per eccellenza, fin dalle giunte rosse degli anni Settanta: chiedere al povero sindaco Alemanno, ma anche a Marino, che per molto meno rispetto a Gualtieri fu cacciato dal suo partito, ai cui ordini non obbediva. Diversamente dall'attuale sindaco che, immobile e invisibile, ha tuttavia già macinato gran quantità di nomine, tutte divise tra le 99 correnti del Pd romano. La teoria del complotto si dimostra così per l'ennesima volta un tentativo maldestro di imputare a forze esterne e oscure le proprie incapacità. Intendiamoci: oggi non riuscirebbe ad amministrare Roma neppure un incrocio tra De Gaulle, Thatcher e Reagan. Ma dal partito della burocrazia romana ci si sarebbe aspettati un minimo di efficienza; segno che o è diventata talmente potente da permettersi di non obbedire più neppure al Pd oppure è mostruosamente incapace. Probabilmente entrambe le cose. Per non parlare dei carrozzoni come l'Ama, l'azienda della nettezza (si fa per dire) urbana, per decenni mangiatoia di voto di scambio per partiti della maggioranza e opposizione, che un sindaco serio dovrebbe cercare perlomeno di privatizzare.

Quello di Gualtieri è insomma un vento di restaurazione: ma puzza di monnezza come quello del cambiamento grillino.

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