Politica

L'eterno tormentone dell'autocertificazione

Da decenni si tenta di rendere più facili i rapporti fra il cittadino e i poteri pubblici
Gli esperti: cancellando certi adempimenti, alcuni uffici diventerebbero inutili

L'eterno tormentone dell'autocertificazione

Gli archeologi della burocrazia più ottimisti fanno risalire l'origine della «semplificazione» alla riforma Bassanini del '97, ricordata per il via libera all'autocertificazione come strumento per facilitare il rapporto tra Stato e cittadino. Ci sono voluti anni e anni perché le amministrazioni accettassero davvero delle normali autocertificazioni. La burocrazia trovò subito il modo di mettere la museruola a chi si illudeva di sottrarsi alla sudditanza dai poterini dei funzionari: autocertifica pure, dissero, ma ricordati che la firma deve essere autenticata da un ufficio pubblico. Un circolo vizioso. Che è in realtà molto più antico e radicato. «Tutti pensiamo a Bassanini ma ci illudiamo - ricorda il costituzionalista Alfonso Celotto, autore di È nato prima l'uomo o la carta bollata? - basti ricordare che la prima legge che introduce l'autocertificazione è del 1968».
Nicola Rossi ha elencato dieci grandi provvedimenti di «semplificazione» della burocrazia approvati dagli anni 90 a oggi, con risultati evidentemente non soddisfacenti, visto che il mondo è cambiato, la Seconda Repubblica è finita, è arrivata la «rivoluzione grillina», le crisi bancarie, il Covid ci ha «resi tutti diversi», eppure per l'ennesima volta c'è un governo che propone come vera soluzione miracolistica un «Dl semplificazione». Sul quale per altro la maggioranza continua a litigare dallo scorso 18 maggio, quando Conte disse che era in arrivo questa norma che avrebbe fatto «correre l'Italia».
Ci sono ostacoli oggettivi: dalla scarsa qualità del disegno delle leggi all'autodifesa della burocrazia. «Cancellando certi adempimenti, ci sarebbero uffici delle Asl o delle questure che perderebbero di senso», rammenta Celotto.
Il risultato è che da anni assistiamo a semplificazioni che complicano. Come la creazione dello Sportello unico, diventato uno sportello in più, o la fatturazione elettronica, che ha semplificato davvero la vita, ma solo ai dipendenti dell'Agenzia delle entrate, trasferendo parte del lavoro in capo a contribuenti e commercialisti, categoria che ormai quando sente parlare di semplificazione avvertono un fremito di terrore. «Il contraddittorio obbligatorio con l'Agenzia delle entrate doveva evitare i ricorsi - spiega il commercialista Gianluca Timpone - peccato che nove volte su dieci confermi i risultati delle verifiche perché è affidato agli stessi uffici che le hanno eseguite. Oppure la transazione fiscale: doveva semplificare e invece prevede un'analisi da parte della direzione provinciale delle Entrate e poi pure dalla direzione regionale». Negli ultimi anni si sono poi moltiplicati i documenti che provano il nostro status reddituale, vedi l'Isee, diventato obbligatorio per ottenere rateizzazioni di debiti fiscali per chi ha redditi al di sopra dei 60mila euro: «Dovrebbe essere precompilato - spiega Timpone - invece ci vogliono settimane per averlo e il contribuente deve fornire decine di documenti prodotti da altre amministrazioni che non si parlano tra loro».
Italia Oggi ha scritto che negli ultimi cinque anni, in nome della semplificazione, imprese e liberi professionisti devono adempiere a 53 nuovi obblighi. Questione di mentalità: il Dl semplificazioni sarà ideato dagli stessi che hanno pensato bene di chiedere un'autocertificazione cartacea per uscire di casa durante il Covid e poi hanno cambiato sei volte il modulo.

Andrà meglio alla prossima semplificazione.

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