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Letta perde, ma "frigna" sul Ddl Zan: "Hanno voluto fermare Paese"

Enrico Letta attacca chi ha voluto "fermare il Paese". Ma le defezioni sul Ddl Zan sono arrivate dal Pd. E ora il segretario rischia l'assedio interno

Letta perde, ma "frigna" sul Ddl Zan: "Hanno voluto fermare Paese"

Il segretario del Pd Enrico Letta prova a reagire al naufragio del Ddl Zan, ma le lamentele del leader del centrosinistra, considerato come sono andate le cose, appaiono del tutto fuori luogo. Anzitutto i traditori del voto di oggi, per così dire, sarebbero anche tra i senatori del suo partito.

Poi c'è la questione del mancato dialogo: il centrodestra ma pure Italia Viva hanno più volte chiesto di dialogare nel merito del provvedimento, ma i giallorossi non si sono mai resi disponibili. L'esito della "tagliola" di oggi, insomma, è figlio di un combinato disposto che contiene un Pd disunito ed una mancata volontà di dialettica politica.

Comunque sia, il vertice del partito che ha sede al nazareno se n'è uscito così: "Hanno voluto fermare il futuro. Hanno voluto riportare l’Italia indietro. Sì, oggi hanno vinto loro e i loro inguacchi, al Senato. Ma il Paese è da un’altra parte. E presto si vedrà". Il messaggio è comparso su Twitter. Come se il Paese reale non avesse altre priorità ed il Ddl Zan abitasse tra le priorità della maggioranza dei cittadini italiani.

In realtà, l'Italia ha ben altri problemi cui pensare, con tutto quello che sta accadendo in questo difficoltoso periodo post-pandemico. Ma conosciamo, del resto, quali siano le urgenze percepite dal Partito Democratico e dal resto dei giallorossi di questi tempi: il Ddl Zan, appunto, oltre che Ius soli.

La sconfitta dell'ex premier è evidente ai più su tutta la linea. Tanto che in queste ore si inizia a parlare di parlamentari appartenenti al Pd che avrebbero votato contro le indicazioni del segretario. La senatrice Valeria Fedeli, stando a quanto ripercorso dall'Adnkronos, ha persino chiesto le dimissioni "di chi ha gestito" la partita sul provvedimento che secondo Letta sarebbe dovuto passare senza alcun tipo di mediazione.

Ma il Parlamento, con la "tagliola" di oggi, ha respinto la tattica messa in campo dall'ex presidente del Consiglio, che ora si lecca le ferite, cercando di rimarcare la necessità di una legge che lo stesso atteggiamento della guida del Pd ha affossato. Il rischio concreto, d'altro canto, è che lo stesso partito che ha sede al nazareno muova un assedio nei confronti di un capo che non ha saputo portare a termine una partita considerata decisiva - questo sì - per gli equilibri politici del momento.

Dopo questa batosta, dobbiamo attendere le prossime mosse dei giallorossi: un altro punto ritenuto inderogabile è lo Ius soli, su cui Letta sembra intenzionato ad insistere. Un'altra battaglia campale che, come dimostrato più volte, non è condivisa nel Paese. Ma l'Italia vista con gli occhi del segretario del Pd non è quella reale e non lo scopriamo certo oggi. L'aspetto centrale della vicenda di oggi, in ogni caso, è relativo al tradimento contro cui Enrico Letta è andato a sbattere.

Ai giallorossi, oggi, sono mancati quasi venti voti. Alcune di queste defezioni, secondo quanto circola in ambienti parlamentari, sono attribuili proprio al Partito Democratico, che non avrebbe retto dinanzi alle strette indicazioni del segretario. Quello di Letta è dunque un "pianto" che ha le fattezze di chi tende a mettere le mani avanti per evitare disastri ulteriori.

Come una richiesta di dimissioni, ad esempio, che è tuttavia già arrivata.

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