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Una porta in faccia a Letta: affossato il ddl Zan

Il ddl Zan si è schiantato contro la "tagliola": il Senato ha votato a favore dello stop all'esame degli articoli, affondando di fatto il disegno di legge

Una porta in faccia a Letta: affossato il ddl Zan

Probabilmente Enrico Letta non ha mai puntato ad avere una legge equilibrata. Altrimenti, quando sei mesi fa il centrodestra ha tentato la via del dialogo, non avrebbe tirato dritto infischiandosene di trovare una maggioranza allargata che votasse il ddl Zan. Probabilmente non ha nemmeno mai seriamente pensato di coinvolgere le altre forze politiche. Sin dall'inizio ha portato avanti una battaglia ideologica che gli serviva unicamente a piantare una bandierina su un campo minato e divisivo, come lo sono tutti i temi etici, e farsi grosso sotto elezioni. Probabilmente aveva chiaro sin dal principio che sarebbe andato a sbatterci la faccia contro. Aveva calcolato tutto: in caso di vittoria avrebbe potuto battere cassa dal popolo Lgbt; in caso di sconfitta avrebbe addossato agli avversari la colpa di aver stoppato la legge. La verità è, però, lontana dai piani machiavellici del segretario piddino: la responsabilità di avere buttato alle ortiche mesi di infruttuosa mediazione è tutta del Partito democratico. Letta in primis.

Alessandro Zan potrà incolpare Matteo Salvini e Giorgia Meloni quanto vuole. Ma il principale nemico al disegno di legge, che porta il suo cognome, ce l'ha in casa. Ed è il segretario del suo stesso partito. La "tagliola" è passata con 154 voti a favore, 131 contrari e due astenuti. Pallottoliere alla mano si capisce al volo che qualcuno, anche tra i dem, ha tradito. E già Valeria Fedeli chiede le dimissioni "di chi ha gestito questa vicenda", di chi cioè ha portato l'intero partito allo schianto. Mesi fa Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia avevano proposto un testo alternativo a quel presentato dai dem. Un testo "addolcito" dalle posizioni ideologiche e illiberali di cui la sinistra si era fatta portavoce. "Lo avevamo fatto proprio per ribadire che non è vero che siamo contrari a una legge contro l'omotransfobia tout court, ma che vogliamo una buona legge", ha spiegato oggi la vice presidente dei senatori di Forza Italia, Licia Ronzulli. Che fine ha fatto quel testo lì? Letta non lo ha nemmeno voluto prendere in considerazione. A Montecitorio è andato avanti a testa bassa, come un ariete. Poi, quando il confronto si è spostato a Palazzo Madama, dove non ha mai vantato gli stessi numeri della Camera, le difficoltà si sono fatte insormontabili. Eppure, in piena euforia da campagna elettorale, ha continuato a calpestare l'Aula e si è rifiutato di trovare una mediazione con il centrodestra.

Anche Matteo Renzi ci ha provato in lungo e in largo a trovare l'accordo. Nemmeno con lui Letta ha voluto sentire ragioni. "Il confronto non può essere messo in cantina per sventolare le bandierine politiche", ha tuonato in Aula la presidente di Italia viva, Teresa Bellanova, invitando il Pd e il Movimento 5 Stelle a uscire "dal perimetro delle arroganze". Da quel perimetro, però, i dem non sono mai voluti uscire. L'opposizione a confrontarsi nel merito del disegno di legge, quando il centrodestra (e non solo) ha chiesto di cercare una sintesi sugli articoli più divisivi (l'1, il 4 e il 7), ha portato ad un muro contro muro inammmissibile quando si tratta di legiferare sui diritti delle persone. Per un tornaconto meramente politico ieri pomeriggio, quando i dem si sono presentati al tavolo con le altre forze politiche, volevano imporre al centrodestra il ritiro della proposta di rinvio. Alla fine anche l'appello di Andrea Ostellari, presidente della commissione Giustizia ("La maggioranza di quest'Aula vuole una legge che tuteli tutti, facciamola insieme") è caduto nel vuoto.

Il voto di oggi (a scrutinio segreto) di fatto affossa definitivamente il ddl sulla omotrasfobia. Per giorni Letta, Zan e compagni riempiranno i talk per accusare le destre, e Renzi con loro, di aver affondato la legge. Tutto calcolato, appunto. Anche l'apertura-farsa degli scorsi giorni che tanto ha fatto infuriare il mondo arcobaleno. Ma il fatto di aver scelto Zan come mediatore avrebbe dovuto suggerire il vero piano di Letta. E cioè che non aveva alcuna intenzione di trovare un accordo. "Il mediatore è per sua natura flessibile - spiegava ieri al Giornale.it una nostra fonte - e Zan non lo è di certo". Un bluff politico sulla pelle delle persone.

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