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Letta si prende 5 giorni per salvare l'esecutivo. E intanto arruola Sala

In mattinata l'incontro con il sindaco. Sempre di più i dem schierati contro Conte

Letta si prende 5 giorni per salvare l'esecutivo. E intanto arruola Sala

Enrico Letta cerca il tutto per tutto per convincere Mario Draghi a tornare indietro, e dunque a restare a Palazzo Chigi: «Ora ci sono cinque giorni per lavorare affinchè il Parlamento confermi la fiducia al Governo Draghi e l'Italia esca il più rapidamente possibile dal drammatico avvitamento nel quale sta entrando in queste ore», ha scritto l'ex premier su Twitter. Nel frattempo però, il segretario Dem deve registrare l'aumento delle voci che chiedono un addio definitivo e deciso all'alleanza con Giuseppe Conte. Forse lo stesso Letta, che riferendosi alla mossa del Movimento si era scagliato contro una «scelta che ci divide», aveva voluto dare un segnale ai suoi di prima mattina, incontrando il sindaco di Milano Beppe Sala, che è considerato distante dai grillini e che vorrebbe evitare le elezioni ad ottobre. Possono essere prove di altri schematismi. Al Nazareno sono sempre di più a pensarla così: abbandonare il capo grillino al suo destino di anti-sistema non è più una richiesta espressa soltanto dai cosiddetti moderati o riformisti. L'ex presidente del Consiglio tenta la consueta triangolazione: da una parte insiste con la parlamentarizzazione della crisi, dall'altra non chiude affatto all'ipotesi delle urne anticipate. Il senatore Andrea Marcucci, parlando con Il Giornale, si è sbilanciato: «C'è solo un modo per definire l'atteggiamento del M5S: scriteriati. Da tanti mesi ho messo in allarme i miei colleghi di partito sul livello di ambiguità che sembrava emergere da alcuni comportamenti di Conte». Poi la stoccata successiva: «Quello che è successo oggi è un po' come uno spartiacque: con la crisi di governo finisce anche qualsiasi ragionamento su una possibile alleanza con loro». L'ex ministro Valeria Fedeli, che siede al Senato, forse non se l'aspettava: «I 5stelle hanno scelto di essere irresponsabili. Sono allibita». Anche la capogruppo a Palazzo Madama Simona Malpezzi ha stigmatizzato in giornata la mossa dei pentastellati: «Non possiamo che prendere atto della scelta del M5s, una scelta che noi riteniamo sbagliata e che non ci lascia indifferenti nel metodo e nel merito». Certo, il coro Dem non è unanime: molte sensibilità differenti continuano a giocare la loro funzione. Il ministro Andrea Orlando (uno dei fautori dell'alleanza con Conte insieme a Nicola Zingaretti), in Cdm, ha evidenziato di sperare in «ripensamenti». In Sicilia ancora, proprio mentre Draghi si dimette a causa dell'irresponsabilità di Conte, Pd e grillini organizzano le primarie unitarie: come se nulla stesse succedendo a Roma tra le due formazioni partitiche. C'è un caos a viso aperto in quello che sarebbe dovuto essere il «campo largo». Rispunta Romano Prodi: «...abbiamo bisogno di stabilità e continuità», ha detto. Ma Draghi si è fatto da parte poco dopo.

Tornando a quanto accaduto in Parlamento: chi si è espresso con chiarezza sul fatto che Draghi dovesse proseguire senza se e senza ma è il leader d'Italia viva Matteo Renzi. «Deve continuare a fare il presidente del Consiglio - ha argomentato il fondatore d'Iv, intervenendo in Senato - perché serve all'Italia. Se oggi ci fosse una crisi, festeggeranno in capitali non democratiche». «Il Pd vedendo il comportamento di Conte dice che fa fatica capire le ragioni della crisi. Anche noi. Ma vedendo il comportamento di Conte spero che abbiate capito le ragioni della crisi dello scorso anno», ha aggiunto.

Infine Renzi chiosa: «Il Pd può uscire dal tunnel della subalternità rispetto al punto fortissimo di riferimento dei progressisti».

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