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L'Europa affonda le Ong: no ai porti aperti per legge

Bocciata per due voti la risoluzione che dava loro pieni poteri in mare. Tajani: «Pericolo scampato»

L'Europa affonda le Ong: no ai porti aperti per legge

Il primo ad esultare è Antonio Tajani. La sua voce, al telefono, ha il tono di chi descrive uno scampato pericolo. O, meglio, una fugata calamità europea capace di consegnare alle Ong il controllo dei flussi migratori e degli sbarchi sulle nostre coste. «Pensate spiega l'ex presidente del Parlamento europeo - siamo riusciti a respingerla per soli due voti. Se l'aula di Bruxelles avesse confermato la risoluzione approvata lunedì da sinistre e liberali nella Commissione Liberta Civili le navi delle Ong sarebbero state equiparate alle forze dell'ordine. In pratica Frontex (l'agenzia Europea per il controllo delle Frontiere, ndr) - continua Tajani - avrebbe dovuto trasferir loro tutte quelle informazioni riservate che attualmente sono a disposizioni di Guardia Costiera, Guardia di Finanza o corpi analoghi. Ci saremmo messi nella condizione di distribuire notizie, rapporti e dati coperti dal segreto ad organizzazioni di cui non conosciamo né i componenti, né le finalità e che per loro stessa definizione sono non governative quindi fuori dal controllo delle autorità». Ma la mozione dai toni quasi surreali bocciata ieri dal Parlamento Europeo nonostante il sostegno di socialisti, liberali e verdi non si fermava qua. La parificazioni delle Ong alle missioni militari implicava anche la garanzia di trovare porti sempre aperti e di non venir mai criminalizzate. In pratica grazie all'iniziativa delle sinistre e dei liberali europei le Ong sarebbero diventate entità al di sopra della legge in grado di muoversi nel Mediterraneo svolgendo «senza limiti la propria attività». I magistrati non avrebbero, quindi, più potuto indagare su eventuali connivenze con i trafficanti di uomini mentre Guardia Costiera e Polizia non avrebbero più potuto verificare l'applicazione di quel codice di condotta imposto alle Ong nel 2017 dal ministro degli interni Marco Minniti. Dal punto di vista politico il voto dell'Europarlamento ha evidenziato la scarsa tenuta della maggioranza composta da socialisti, liberali e popolari che ha portato a luglio alla nomina della presidente della Commissione Ursula von der Leyen. La rottura più evidente, è sicuramente quella dei Popolari e, per quanto riguarda il nostro Paese, di Forza Italia. Di fronte ad una mozione capace di garantire alle Ong una totale liberta d'azione il Ppe ha scelto di far fronte comune con le forze «sovraniste» rappresentate dai Conservatori e Riformatori Europei (Ecr) e da Identità e democrazia (Id). «Sono fiero di aver contribuito, come coordinatore di Ecr - spiega l'eurodeputato di Fratelli d'Italia Nicola Procaccini - all'avvicinamento delle posizioni tra i gruppi seduti al centrodestra, con buona pace dei deputati che hanno tributato una standing ovation a Carola Rackete. Sebbene soltanto con due voti di scarto, abbiamo raggiunto un risultato non pronosticabile fino a poche ore fa».

E tra gli eventi non pronosticabili anche il «no» dei Cinquestelle schieratisi a sorpresa contro la risoluzione.

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