Se tutti i tasselli andranno a posto, l'accordo sulla Grecia sarà siglato lunedì prossimo all'Eurogruppo. La riunione di ieri dei ministri delle Finanze dell'eurozona si è infatti risolta in una prevedibile fumata nera. Ancora troppe le distanze tra le parti, con Atene determinata a non scantonare dall'ortodossia delle promesse elettorali e quindi ancora in rotta di collisione con quella parte d'Europa, Germania in testa, decisa a ribadire il rispetto dei patti sottoscritti.
Ma perlomeno, dopo le scaramucce dialettiche dei giorni scorsi, c'è stata una prima presa di contatto collettiva, un confronto vis-à-vis necessario per squadernare tutte le carte sul tavolo. Un passaggio interlocutorio indispensabile per provare almeno a gettare le fondamenta per una soluzione di compromesso condivisa. Il nodo greco, d'altra parte, appare spinoso non più soltanto da un punto di vista strettamente economico, ma anche politico. Il governo guidato da Alexis Tsipras, mettendo in conto un fallimento delle trattative o volendo semplicemente introdurre un elemento di pressione ulteriore, strizza l'occhio alla Russia, con cui condivide la fede ortodossa e consolidati rapporti di vicinanza politica. Mosca, da parte sua, non si è tira indietro: «Se Atene lancia l'sos, siamo pronti ad aiutarla». È evidente che la disponibilità russa va valutata anche alla luce della piega che sta prendendo il delicatissimo dossier Ucraina. La Grecia ha già espresso la propria opposizione alla strategia delle sanzioni. Anche perché il pugno di ferro Usa-Ue ha creato danni all'export degli agricoltori greci per 400 milioni di euro e rischia di compromettere rapporti economici del valore di 7 miliardi di euro (nel 2013). A Bruxelles si guarda con una certa preoccupazione alla «sterzata» della Grecia, proprio alla vigilia del vertice di oggi dei Capi di Stato e di governo sulla crisi russo-ucraina. Un appuntamento che, tra l'altro, offrirà l'occasione al premier ellenico per incontrare la cancelliera tedesca, Angela Merkel.
In questo gioco di reciproci endorsement, non è inoltre escluso che anche la Cina riesca a ritagliarsi un ruolo. Pechino ha smentito di aver offerto aiuti finanziari, ma sono noti gli interessi nei confronti di alcuni asset ellenici, a cominciare dal Porto del Pireo. Se Syriza decidesse di sbloccare il piano di privatizzazioni, i cinesi avrebbero un posto in prima fila.
Atene si sta insomma muovendo su più tavoli. Lo prova l'intesa stretta con l'Ocse per la costruzione di un piano di riforme che rilanci la crescita del Paese. Ad annunciarla è stato lo stesso Tsipras al termine di un incontro con Angel Gurria, il numero uno dell'organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo. Il ruolo dell'Ocse non è tuttavia chiaro, soprattutto nella parte che riguarda la parziale rottamazione della troika pretesa da Atene. Il ministro greco delle Finanze, Yanis Varoufakis, potrebbe voler mantenere il 70% del programma imposto da Ue, Bce e Fmi, e riscrivere con l'Ocse il restante 30% delle riforme necessarie a far ripartire il Paese. Oltre a ottenere un prestito-ponte di sei mesi per far fronte ai problemi di liquidità (da qui all'estate servono 20 miliardi) e per fronteggiare nel medio periodo il rischio di instabilità finanziaria (la Borsa di Atene ha perso ieri un altro 4%; -0,8% Milano). L'argomento è stato oggetto ieri di una discussione che si è svolta «in un clima molto positivo», ha riferito un funzionario greco, tra lo stesso Varoufakis, il numero uno del Fondo monetario, Christine Lagarde e il presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbolem.
«Ognuno è libero di fare quello che vuole, ma un programma esiste e o viene portato a compimento, o non abbiamo più un programma», ha detto tuttavia il ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schaeuble. Un irrigidimento, quello della Germania, che rischia di pesare sull'esito delle trattative.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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