L'euroschiaffo di Barroso: dall'Italia finora solo parole

L'ex presidente della Commissione Ue approfitta della assenza di Renzi al Workshop Ambrosetti per strigliarlo: «Molti annunci e nessuna riforma»

L'euroschiaffo di Barroso: dall'Italia finora solo parole

Nomi non ne fa, ma forse non ce n'è bisogno. Chi è il prestigiatore della politica europea che lancia verso il cielo annunci su annunci? Manuel Barroso arriva a Cernobbio in un giorno da cartolina e afferra con poche parole il pallottoliere delle illusioni fiorentine. «Ci sono stati molti annunci - afferma a proposito delle riforme strutturali - ma non attuazioni sufficienti in molti stati membri dell'Unione». Ora si dà il caso che il governo Renzi abbia varato, sulla carta, nuove norme sul versante della giustizia, della pubblica amministrazione, del lavoro e via elencando. Il problema è tradurre i buoni propositi in realtà. E finora questo non è avvenuto o è accaduto solo in minima parte. Intendiamoci, la scommessa è in pieno svolgimento e dunque c'è ancora il tempo per portare a compimento le deleghe, i decreti, i disegni di legge, le linee guida e gli annunci nudi e crudi.

Però il bilancio non è così scintillante come appare dal vortice dei titoli. E il relatore accende la spia, anche se il suo discorso, da presidente uscente della Commissione, va oltre i nostri confini: «L'agenda delle riforme ha bisogno di uno scatto». Barroso parla alla platea internazionale del Workshop Ambrosetti, ma sa benissimo che siamo in Italia. E così ad un certo punto vira verso gli ultimi esecutivi, tessendo le lodi di due personaggi declinanti come Enrico Letta e Mario Monti: «Voglio rendere onore a Mario Monti e Enrico Letta. Grazie alle riforme che hanno avviato, l'Italia è riuscita ad uscire dalla stretta dei mercati».

Insomma, siamo quasi ad una riabilitazione postuma per i due leader bruciati rapidamente sulla ruota del potere romano. E il discorso diventa una stilettata, sia pure indiretta, per Renzi che ha abbattuto con un accomodante e perfido «stai sereno» Letta e ne ha raccolto l'eredità. «Ora - aggiunge Barroso - abbiamo bisogno di completare il percorso». Certo non è una bocciatura senza appello, ma è un'indicazione da non sottovalutare. Mitigata, quasi bilanciata, dall'apprezzamento per i mille giorni di Renzi. Che però per ora sono solo un incipit. Il conto alla rovescia è partito, l'Italia ha qualche mese per mettersi in riga, altrimenti il risanamento dei conti avviato da Monti e costato lacrime e sangue non sarà servito a nulla. E pure le mosse di super Mario Draghi non riusciranno ad invertire un trend che si fa ogni giorno più pesante. Banchieri e imprenditori, fra un caffè e una chiacchierata, ripetono che la notte non vuol finire, la crisi non vuol passare. Le riforme sono necessarie, anche di più, ma non basta twittarle per vederle in atto.

Quanto può durare la magia del cambiamento che volteggia nell'aria come una promessa? C'è il rischio, per ora solo un'ipotesi, che i tanti annunci ricadano pesantemente a terra come incompiute. No, non ci sono scorciatoie, il leader portoghese è chiaro che più chiaro non si può: «Penso che dovremmo evitare tutto quello che fa deviare l'attenzione dalla necessità delle riforme, qualche volta parlare di flessibilità viene inteso come un rilassamento degli sforzi per migliorare la crescita». Senza riforme, non si può trattare sui parametri di Maastricht.

A Renzi fischieranno le orecchie. Ma lui gira dalle parti di Brescia e il numero uno di Confindustria Giorgio Squinzi, sta con lui. E non nel salotto buono in riva al lago. Per il premier è una piccola, grande rivincita.

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