La pace con i russi nell'Est del Paese come priorità della sua presidenza, «se necessario mettendo a rischio la mia stessa carica». L'ex comico Volodymyr Zelensky, trionfale vincitore delle presidenziali ucraine che un mese fa hanno sancito la fine dell'era del filoccidentale Petro Poroshenko, si è insediato ieri e non ha perso tempo nel far intendere che molte cose cambieranno. Come primo suo atto dopo il giuramento ha annunciato lo scioglimento entro i due mesi previsti dalla Costituzione della Verkhovna Rada (il Parlamento di Kiev) e ha chiesto le dimissioni del governo presieduto da Volodymyr Groisman, rimasto privo di una maggioranza parlamentare dopo la rottura della coalizione Ucraina Europea. Il premier ha comunicato che lascerà la sua carica domani. Altri uomini chiave dell'amministrazione uscente, fedelissimi di Poroshenko, verranno messi alla porta in tempi rapidi: fra loro spiccano i nomi del ministro della Difesa Stefan Poltorak e del capo dei servizi di sicurezza Sbu, Vasyl Hrytsak, oltre a quello del procuratore generale Yuri Lutsenko.
Zelensky non ha indicato una data per le elezioni anticipate, ma ha insistito usando anche toni provocatori affinché in questi due mesi i deputati uscenti adottino leggi adeguate contro la corruzione e per la cancellazione dell'immunità parlamentare. Il tema della corruzione è stato centrale nella sua campagna elettorale: l'ex comico non a caso ha citato nel suo discorso inaugurale Ronald Reagan, «un ex attore come me che è diventato un grande presidente e che quando si insediò nel 1981 disse che il governo non è la soluzione dei nostri problemi, ma è esso stesso il problema». Fedele al suo stile populista, Zelensky ha chiesto che negli uffici pubblici non venga esposta la sua foto: «Mettete piuttosto quella dei vostri figli ha detto e guardatela bene prima di prendere decisioni importanti». Il neo presidente ha poi promesso che non abbandonerà i territori ucraini, compresa la Crimea che nel 2014 Putin ha annesso unilateralmente, e ha sottolineato l'importanza di un cessate il fuoco nel Donbass, dove ormai da cinque anni si combatte con la Russia, che appoggia assai concretamente i separatisti che nelle province di Donetsk e di Lugansk hanno proclamato due Repubbliche filorusse, una guerra non dichiarata che miete migliaia di vittime tra militari e civili.
Prima tappa del processo di pacificazione, ha detto Zelensky, dovrebbe essere lo scambio di prigionieri. La reazione di Mosca, come già in aprile quando l'outsider ex attore vinse le presidenziali, è per ora gelida. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha ribadito che un prossimo incontro tra Putin e Zelensky non è previsto, e anzi ha sottolineato che il presidente russo attenderà per fare le sue congratulazioni al collega di Kiev che dall'Ucraina giungano novità significative. Sulla sovranità russa in Crimea, ha aggiunto Peskov, non sarà aperta alcuna discussione («è una regione russa», ha tagliato corto), mentre sulla questione dei prigionieri uno spiraglio è stato lasciato aperto.
La svolta politica in Ucraina, che Zelensky incarna con il suo stile populista, mantiene aspetti ambigui.
Dopo la sua vittoria elettorale il nuovo presidente ha definito Putin «un nemico», ma la sua totale inesperienza politica e la sua stretta vicinanza con l'oligarca Igor Kolomoisky, che da Putin risulta tutt'altro che lontano, fanno temere sviluppi per lo meno confusi. E non è facile credere alla promessa fatta ieri ai suoi compatrioti: «Per tutta la vita ho fatto il possibile per farvi ridere, ora farò ciò che posso perché non piangiate».
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