L'ex Ilva si sta fermando Il governo studia il ricorso

L'ex Ilva si sta fermando Il governo studia il ricorso

È bagarre politico-legale sul caso Ilva. In attesa dell'incontro di oggi (probabile, ma non certo) tra governo e azienda, è la carta giudiziaria, l'asso nella manica che potrebbe cambiare le sorti di Taranto, mentre la politica si divide sulla reintroduzione dello scudo penale e sulla nazionalizzazione. Tutto questo mentre, a livello industriale, la situazione sembra precipitare: a Taranto è già stop allo scarico delle materie prime. Un brutto segno che ha messo in allarme i lavoratori.

Per questo, il governo, che sa (ma non può ammetterlo per motivi di consenso elettorale), di avere le armi spuntate con la fuga di Arcelor Mittal, sta puntando tutto sul fronte legale per salvare le sorti dell'acciaio italiano e di 10.700 lavoratori. Potrebbe essere presentato entro giovedì al Tribunale di Milano il ricorso d'urgenza e cautelare, ex articolo 700, con cui i commissari contestano le ragioni addotte dalla multinazionale per giustificare il recesso dall'affitto, preliminare all'acquisto, degli stabilimenti dell'ex gruppo Ilva. In particolare, il ricorso sostiene che il venire meno dello scudo penale non è una condizione che consente lo scioglimento del contratto. Inoltre, si contesta un altro dei punti fondamentali su cui batte da giorni Arcelor Mittal, e cioè lo stop di Afo2: l'altoforno non è spento ma funziona perfettamente. In definitiva, secondo il ricorso verrebbero a cadere in diritto e in fatto i presupposti del recesso.

E oggi, invece, sarà depositato sempre al Tribunale a Milano proprio l'atto con cui Arcelor Mittal si sfila dalla partita.

Intanto, sul fronte politico, sono due i temi che tengono banco: la nazionalizzazione e lo scudo penale. L'opposizione è compatta sul ripristino dell'immunità, e mentre la maggioranza (Pd-M5s) è divisa sulla questione e in piena confusione («no allo scudo» oppure «scudo soft»), Italia viva (dopo aver votato contro) ha presentato ora due emendamenti al decreto fiscale che hanno come oggetto l'azienda siderurgica: due scudi, uno generale che vale per tutte le aziende e uno specifico per l'Ilva.

Mentre sul fronte della nazionalizzazione, che come calcolato dal Giornale sarebbe molto onerosa per lo Stato (8 miliardi in 5 anni e fino a 10 miliardi a causa del possibile risarcimento che chiederebbe la multinazionale), è stato ieri il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri ha escludere l'ipotesi: «Sarebbe una pericolosa illusione» ha detto chiamando comunque in causa la Cassa depositi e prestiti. «Non va escluso un suo coinvolgimento dalla cassetta degli strumenti di cui disponiamo».

Da statuto, però, la Cassa non può salvare aziende in perdita, a meno che non si tratti di una operazione di sistema (vedi il caso Astaldi e il polo delle costruzioni creato con il supporto di Salini) o si coinvolga una sua controllata.

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