L'ex Ilva di Taranto a rischio stop definitivo. Urso: "Probabile la stessa fine di Bagnoli"

In salita la vendita a Baku Steel. Melchiorre: "Pm responsabili"

L'ex Ilva di Taranto a rischio stop definitivo. Urso: "Probabile la stessa fine di Bagnoli"
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Si aggrava la crisi dell'ex Ilva di Taranto, con il rischio concreto di chiusura dello stabilimento siderurgico, dopo il mancato intervento tempestivo sull'Altoforno 1 (Afo 1), danneggiato pesantemente da un incidente verificatosi la scorsa settimana. Le dichiarazioni del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso (in foto), dipingono un quadro allarmante. «Più che le trattative in corso l'incidente può compromettere la ripresa degli stabilimenti e l'occupazione. Verosimilmente l'impianto è del tutto compromesso», ha detto ieri evidenziando che sostanzialmente l'ora X sia già scoccata. Le parole del ministro sottolineano come la mancata autorizzazione alla manutenzione urgente, richiesta entro 48 ore dall'evento, abbia reso ormai impossibile procedere con le operazioni di messa in sicurezza, in particolare il colaggio dei fusi rimasti nel crogiolo. «Si è intervenuti troppo tardi, rispetto a quanto era stato richiesto sulla base di chiare perizie tecniche, bisognava farlo entro 48 ore e purtroppo non hanno avuto l'autorizzazione a farlo», ha spiegato Urso, aggiungendo che «è un danno notevole che avrà inevitabilmente immediate ripercussioni sull'occupazione».

La situazione tecnica è critica. Al momento dell'incidente, l'altoforno era «pieno di fusi» e, come spiegato dall'azienda, «in questi casi si deve intervenire entro 48 ore per evitare danni strutturali». Tuttavia, il via libera ai lavori, sollecitati «per tutelare l'integrità dell'impianto e non finalizzati alla ripresa della produzione», non è arrivato «nei tempi utili». Solo alcune attività sono state autorizzate con un provvedimento del 10 maggio, ma ormai, dopo oltre 120 ore dall'evento, «non è più possibile procedere con il colaggio dei fusi, con la conseguenza che, in caso di riavvio, si dovranno adottare procedure straordinarie, complesse e dagli esiti assolutamente incerti». Questo ritardo rischia di compromettere non solo la ripresa produttiva, ma anche le trattative per l'acquisizione dell'impianto da parte del gruppo azero Baku Steel, che in queste condizioni potrebbe ritirarsi dall'accordo.

Le ripercussioni occupazionali sono immediate e preoccupanti. Con un altoforno in meno, la capacità produttiva dello stabilimento potrebbe essere tagliata di almeno un terzo, passando da 6 milioni di tonnellate a una cifra significativamente inferiore. «Se il sequestro dell'altoforno prevederà anche l'inibizione all'uso, dovremo necessariamente aspettarci un forte numero di lavoratori in cassa integrazione e una riduzione significativa della produzione», aveva già avvertito Urso nei giorni scorsi. Ma il rischio più grave è che, senza la possibilità di ripristinare l'Afo 1, «finirà come a Bagnoli», con la chiusura definitiva dello stabilimento e la perdita di migliaia di posti di lavoro. «Nessuno investe in un'industria che ha già chiuso la sua attività produttiva», ha sottolineato il ministro.

Il senatore pugliese di Fdi, Filippo Melchiorre, ha attaccato la Procura per non aver ascoltato «le richieste dei commissari dell'ex Ilva dopo l'incidente all'altoforno» e «adesso vi è il serio rischio che l'attività non possa più riprendere».

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