Economia

L'Fmi distrugge l'Italia «Uno su tre a rischio povertà»

Il Fondo invoca nuovi tagli al sistema previdenziale. Allo studio un nuovo aumento dell'età pensionabile

L'Fmi distrugge l'Italia «Uno su tre a rischio povertà»

Le decisioni verranno prese solo in autunno, quando si dovrà lavorare alla manovra per il 2018, ma già da ora i messaggi che arrivano a chi guarda alla pensione non promettono nulla di buono. E così se da una parte si decide per il taglio dei vitalizi, fatta eccezione per i dipendenti della Camera che mantengono intatti i loro privilegi, dall'altra i lavoratori vedono miseramente calare le speranze di uno stop all'aumento dell'età pensionabile.

Eppure i dati sulla situazione economica di buona parte degli italiani sono impietosi. Negli ultimi anni l'incidenza della povertà assoluta, con riferimento alle famiglie, è rimasta sostanzialmente stabile, ma se si guarda al numero degli individui nel 2016 «si registra il valore più alto dal 2005», ovvero da oltre dieci anni. Così ha dichiarato il direttore del dipartimento per la produzione statistica dell'Istat, Roberto Monducci, in audizione ieri alla Camera sul reddito d'inclusione. Circa il 29% della popolazione nel Belpaese è a rischio povertà o esclusione sociale, sostiene il Fondo monetario internazionale nel rapporto che fotografa annualmente lo stato dell'economia italiana. Una percentuale che è ben al di sopra della media dell'Eurozona. «Disparità regionali sono sostanziali, con tassi di povertà che raggiungono il 44% nel Sud», hanno sottolineato da Washington.

Ma sulla previdenza pare non esserci tregua. Lo stesso Fmi, pur riconoscendo che sono state prese misure importanti sul fronte delle pensioni che nel lungo termine porteranno a guadagni notevoli, spiega che «nella transizione dal vecchio al nuovo sistema pensionistico ci sono aree di eccessi dove risparmi possono essere fatti». Insomma ancora tagli.

Il governo tarpa le ali a quanti vorrebbero alleggerire l'allungamento dell'età lavorativa. Per esempio l'esecutivo giorni fa ha lasciato filtrare la cifra di 1,2 miliardi di euro come presunto costo per congelare dal 2019 l'aumento a 67 anni dell'età pensionabile. Una cifra a cui si aggiunge l'sos lanciato dalla Ragioneria generale dello Stato sull'aumento della spesa pensionistica. Che nel 2040 toccherà il massimo al 16,3% del Pil.

Per non parlare della minaccia avanzata da Tito Boeri. Il presidente dell'Inps ha dichiarato che bloccare gli adeguamenti dei requisiti di pensionamento comporterebbe 141 miliardi di spesa in più fino al 2035 e ieri ha rimarcato come «la nostra spesa sociale è sempre più squilibrata a sfavore dei giovani». Non a caso il governo ha fatto filtrare indiscrezioni che confermano la decontribuzione stabile per gli under 35 nella manovra.

Il Pd ha aperto alla possibilità di congelare l'età pensionabile solo a categorie limitate di lavoratori, quelli che svolgono attività più gravose. Il problema è individuarle considerando che i lavori usuranti sono stati già esclusi. Per i sindacati invece il blocco dei 67 anni va esteso a tutti e ieri Camusso è rimasta insoddisfatta del traccheggiamento del governo nell'incontro tra il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, e Cgil, Cisl e Uil.

Il ministro non si è sbilanciato: se ne riparla dopo la pausa estiva. In attesa soprattutto che dall'Istat arrivi entro ottobre il report sulle aspettative di vita. È stato fissato un calendario di incontri tematici con l'obiettivo di chiudere prima della manovra. Il 30 agosto sono previsti due tavoli, uno su previdenza dei giovani e previdenza complementare e l'altro su adeguamento all'aspettativa di vita e tagliando Ape sociale. Il 31 agosto si parlerà, tra l'altro, di ammortizzatori e garanzia giovani.

Il 7 settembre ci sarà un focus sulla rivalutazione delle pensioni.

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