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La liberalizzazione è positiva soltanto se aiuta le imprese

Dopo anni di discussioni, s'è infine decisa la liberalizzazione delle concessioni balneari

La liberalizzazione è positiva soltanto se aiuta le imprese

Dopo anni di discussioni, s'è infine decisa la liberalizzazione delle concessioni balneari: non già perché l'esecutivo si sia scoperto favorevole al mercato, ma perché senza questa misura una serie di relazioni con l'Europa a partire dai fondi del Pnrr entrerebbero in crisi. Liberalizzare significa aprire alla concorrenza e nello specifico può far sì che chi intende entrare in questo settore lo faccia, aiutando a migliorare la qualità dei servizi.

La situazione, però, è complicata. Una delle accuse indirizzate al vecchio sistema (in ragione del quale chi già aveva una concessione non poteva vedersela togliere) è che i titolari attuali verserebbero poco allo Stato. La riforma punta insomma ad aumentare le entrate e la spesa pubblica; e nulla esclude che canoni maggiorati non si convertano in prezzi più alti per noi bagnanti.

Va aggiunto che finora i concessionari sono stati trattati dallo Stato quali proprietari, comportandosi di conseguenza: hanno investito nelle loro strutture e ora non accettano che tutto ciò venga sottratto. Per di più, soprattutto negli ultimi due anni il governo ha maltrattato in vari modi le imprese: impedendo loro di agire liberamente, ostacolando la mobilità dei clienti, gravando con oneri tributari elevatissimi. Non prendere in considerazione tutto ciò significa ignorare un aspetto cruciale della vicenda.

Questo settore come ogni altro ha bisogno di mercato e di dare spazio a imprenditori innovativi. Al tempo stesso, si deve avere consapevolezza di quanto si è fatto in passato (degli accordi espliciti e impliciti sottoscritti tra Stato e privati), dei significativi investimenti, dell'importanza sociale e politica di quel tessuto di piccole imprese indispensabile a una società libera. E allora è necessario che si offrano giuste opportunità a chi già ora è sul mercato.

Una soluzione interessante è stata avanzata da Alberto Heimler su lavoce.info. Essa si basa sull'idea che bisognerebbe chiedere al concessionario attuale di fissare il valore della sua impresa: il prezzo che accetterebbe se dovesse venderla. Quella somma sarebbe il punto di partenza per l'onere che l'impresa dovrebbe pagare nel caso in cui nessuno si presenti alla gara oppure egli stesso la vinca. Heimler suggerisce che il 7% del valore deciso dall'attuale proprietario possa insomma essere la base d'asta per il canone annuale: con il risultato che chi oggi ha una concessione se la vedrebbe confermare quasi certamente se decidesse un prezzo altissimo. Nel caso ci sia qualcuno che offre un prezzo superiore, dovrebbe compensare il concessionario uscente con il valore che quest'ultimo ha attribuito ai suoi bagni.

L'idea è di liberalizzare senza penalizzare i concessionari.

Forse la si potrebbe migliorare facendo sì che le entrate dei canoni non finiscano nel buco nero del bilancio pubblico, ma servano a ridurre la pressione fiscale sulle aziende del settore: perché non è certo una buona liberalizzazione quella che al tempo stesso aumenta il peso dello Stato.

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