Milano - Una condanna a un anno e mezzo di carcere per aver occupato il dipartimento di Farmacologia dell'Università Statale di Milano, liberando 400 cavie e un coniglio. E la dichiarazione che accomuna gli imputati di questo tipo di processi: «Lo rifaremmo mille volte». È arrivata ieri la sentenza di primo grado per tre attivisti dell'associazione animalista «Coordinamento fermare Green Hill» accusati di violenza privata, occupazione di edificio e terreno pubblico e danneggiamento aggravato. Il giudice monocratico dell'Ottava sezione è andata oltre le richieste della Procura, che aveva proposto condanne a un anno e tre mesi. In aula a sostenere gli imputati, tutti incensurati, c'era un gruppo nutrito di loro compagni nella lotta contro la vivisezione. Dopo la sentenza hanno dato vita a un presidio fuori dal Palazzo di giustizia ed esposto uno striscione con la scritta «Abbattiamo il muro di silenzio».
I fatti risalgono al 20 aprile 2013 quando cinque animalisti (due avevano già patteggiato) hanno invaso i locali di Farmacologia, dove si trovavano le gabbie con gli animali destinati alla sperimentazione relativa ai recettori della nicotina e alla cura di malattie neurodegenerative e oncologiche. Secondo la ricostruzione della Digos, gli attivisti hanno scavalcato i cancelli dell'Università e bloccato le porte di accesso ai laboratori, legandosi ai maniglioni antipanico. Dall'interno hanno diffuso immagini degli esemplari nelle gabbiette, hanno distrutto le targhette identificative degli animali, prima di portarli via per affidarli a un'associazione, e le gabbie stesse. Durante il blitz c'è stata anche una trattativa con il rettore Gianluca Vago sulle altre cavie dell'Università.
La Statale e l'Istituto di neuroscienze del Cnr si erano costituiti parte civile nel processo, rappresentati dall'Avvocatura dello Stato. Ieri però i legali non si sono presentati in aula per le conclusioni. Le parti quindi hanno perso il diritto a ottenere il risarcimento danni in sede civile, quantificato nelle loro iniziali richieste in 500mila euro. Il difensore Maria Cristina Giussani, nel chiedere l'assoluzione degli imputati, ha invece sottolineato l'«alto valore sociale» della loro azione. «Fu un atto di disobbedienza politica - ha aggiunto - condotto in modo non violento e a volto scoperto con lo scopo di scatenare un dibattito pubblico, etico e scientifico sulla sperimentazione sugli animali, sottoposti a violenza deliberata». Vago nella sua deposizione aveva a sua volta spiegato che il blitz ha causato «la perdita dei finanziamenti legati alle ricerche già in corso, oltre alla perdita dei dati degli esperimenti che bloccò ulteriori ricerche e i finanziamenti che queste avrebbero generato».
L'incursione al dipartimento di Farmacologia è stata una tappa di un percorso cominciato dal Coordinamento nel 2010 con la campagna contro Green Hill, l'allevamento di cani beagle destinati alla vivisezione di Montichiari, nel Bresciano. Gli animalisti ne occuparono i capannoni e liberarono un'ottantina di esemplari. L'allevamento è stato sequestrato e poi chiuso nel 2012. Per quel blitz dodici attivisti sono stati condannati dal Tribunale di Brescia a pene fino a dieci mesi.
Le condanne sono state confermate in Appello nel maggio di quest'anno. Nell'autunno del 2017 tuttavia la Cassazione ha condannato in via definitiva i vertici di Green Hill a pene fino a 18 mesi per maltrattamenti di animali.
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