Per liberare il Csm dalle correnti e riformarlo serve un sorteggio "temperato"

Per ben tre volte il capo dello Stato Sergio Mattarella, che è anche presidente del Csm, ha sollecitato il Governo e le forze politiche ad approvare una seria riforma del Csm

Per liberare il Csm dalle correnti e riformarlo serve un sorteggio "temperato"

Per ben tre volte il capo dello Stato Sergio Mattarella, che è anche presidente del Csm, ha sollecitato il Governo e le forze politiche ad approvare una seria riforma del Csm. L'ultima volta a fine novembre. In quella occasione il presidente ha testualmente affermato che «il dibattito sul sistema elettorale dei componenti del Consiglio superiore deve ormai concludersi con una riforma che sappia sradicare accordi e prassi elusive di norme che, poste a tutela della competizione elettorale, sono state talvolta utilizzate per aggirare le finalità della legge». La condivisibile preoccupazione del presidente Mattarella è legata anche alla circostanza che il Csm dev'essere rinnovato tra luglio e settembre e «non si può accettare il rischio di doverne indire le elezioni con vecchie regole e con sistemi ritenuti da ogni parte come insostenibili».

Io, che del Csm sono stato componente «laico», ho sempre pensato che la soluzione migliore sia quella di ricorrere a un sorteggio temperato, capace di spezzare il fortissimo legame tra correnti ed eletti: prima sorteggio tra tutti i magistrati e poi votazione tra i sorteggiati. E recentemente a favore del sorteggio si sono espressi (talvolta invocando il sorteggio «puro», che io però ritengo non conforme a Costituzione) il procuratore nazionale Cafiero De Raho e il procuratore di Catanzaro Gratteri, alcuni consiglieri del Csm (Di Matteo e Ardita) e i magistrati di Articolo 101.

Certo, occorre considerare la complessità delle relazioni politiche e le difficoltà di trovare soluzioni condivise e si comprende la cautela del ministro, che prima ha nominato la Commissione Luciani invitandola a partire dal progetto del precedente governo, il ddl Ac 2681, e poi ha impiegato alcuni mesi prima di presentare alle forze politiche la sua proposta di riforma: un complesso sistema elettorale sostanzialmente maggioritario, che a mio avviso però non risolve il problema del correntismo. Il progetto Cartabia interviene anche sul problema della commistione tra magistrati e politica (le «porte girevoli»), eliminando la possibilità di fare contemporaneamente il magistrato e ricoprire incarichi elettivi, ma consentendo il rientro nella giurisdizione dopo il mandato (meglio sarebbe stato destinare gli eletti ad altri incarichi nella Pa). Con il rischio, come è capitato al direttore Minzolini, di essere giudicato da un ex avversario politico.

Utile poi il tendenziale divieto delle «nomine a pacchetto», impedendo l'allineamento dei

concorsi che favorisce la spartizione correntizia; mentre ancora tiepida la stretta sui magistrati fuori ruolo (oggi 200). Dunque, rispetto al quadro attuale, il bicchiere è mezzo pieno. Ma, forse, si poteva riempirlo di più.

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