Cronache

Liberté, egalité e cocoricò. La Francia s'inchina al gallo

Per i giudici il pennuto Maurice può cantare quando gli pare. Vittoria dell'anima più rurale

Liberté, egalité e cocoricò. La Francia s'inchina al gallo

I francesi li chiamiamo «cugini» perché hanno qualcosa di noi (e noi qualcosa di loro). Qualcosa, non tutto, per esempio in materia di vini e formaggi noi e loro non ci metteremo mai d'accordo... La cosa che ci accomuna è in particolare la capacità, anzi il talento, di dividerci in due fazioni pressoché uguali e di fare il tifo non per la propria, ma contro quella avversa. Vogliamo parlare dei pro e dei contro i gilet gialli ingrigiti dallo smog di Parigi e dei pro e dei contro il governo gialloverde che dopo il restauro è diventato giallorosso? No, qui i colori non ci interessano. Qui ci interessano i suoni, che per alcuni sono rumori fastidiosi e per altri musica celestiale. È una storia francese, ma potrebbe essere benissimo una storia italiana.

Il protagonista si chiama Maurice, ed è un gallo, un bel gallo francese che, in quanto tale, è doppiamente fiero di se stesso: primo perché è un gallo e secondo perché è francese (ma forse l'ordine andrebbe invertito, trattandosi di un francese). Maurice abita a Saint-Pierre-d'Oléron, ridente e cantante cittadina collocata sull'isola d'Oléron, nel Golfo di Biscaglia. È quindi normale che lì con l'aria si respiri anche uno spirito un po' guascone, che fa prendere le cose di petto, e dire le cose in faccia. A innescare il «caso Maurice» in tutta la Francia («Maurice, il gallo canterino diventato il simbolo della ruralità minacciata», titolava ad esempio Le Monde nel giugno scorso) sono stati due venuti da fuori, sicuramente da una grande città, quasi due étrangers, quindi, i quali hanno denunciato Maurice in quanto disturbatore seriale della loro quiete. A stretto giro di posta, e di conseguente petizione, ecco la risposta di Corinne Fesseau, la padrona (e qui chiediamo pardon alla dignità di Maurice) di chi è ben presto diventato l'ignaro paladino della Francia di provincia contrapposta, com'è ovvio, a quella metropolitana. Anche in Francia, come in Italia, le vie legali sono arabeschi, non segmenti tranchant. Quindi soltanto ieri il tribunale di Rochefort ha emesso la sentenza relativa a questa causa degna di miglior causa. Certamente avranno pesato, a favore dell'imputato, le decine di migliaia di firme raccolte da madame Corinne, e certamente il movimento d'opinione (chiamarlo lobby sarebbe un'offesa, per i francesi) animalista-contadino alimentato dalla stampa, perché i giornali si mettono sempre di mezzo, in Francia come in Italia, ha spinto per l'assoluzione. Puntualmente arrivata, infatti: Maurice può cantare a squarciagola e squarciatimpani ventiquattr'ore su ventiquattro, se gli aggrada. E otterrà anche un risarcimento di mille euro. «Li abbiamo spennati», ha buttato lì Corinne, guascona.

E pensare che due mesi fa un collega svizzero di Maurice, residente presso Zurigo, s'è beccato una condanna al silenzio dalle 22 alle 8... Ma quelli sono svizzeri, con le ore e gli orologi vanno a nozze.

Soprattutto quelli a cucu.

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