
Generali in congedo, che ne hanno viste tante e chi è ancora in servizio non hanno dubbi: l'espulsione del generale libico Osama Almasri ha protetto i nostri interessi nazionali ed evitato guai peggiori. In passato governi di tutti i colori hanno fatto lo stesso ed i nostri alleati idem. Il generale in congedo, Giorgio Battisti, sostiene che "bastava chiedere se volevamo un altro caso Cecilia Sala", la giornalista arrestata lo scorso dicembre dai Pasdaran per ottenere la scarcerazione di un loro uomo fermato in Italia, "con tutto il mondo umanitario e politico, che si era scatenato per riportarla a casa". E specifica: "Abbiamo circa 500 italiani in Tripolitania e sarebbe stato facilissimo arrestare qualche connazionale presente a Tripoli".
Per di più elenca la lunga lista di decisioni scabrose dei governi italiani "dal lodo Moro negli anni '70, per evitare attacchi terroristici, ai dirottatori dell'Achille Lauro, che non abbiamo consegnato agli americani lasciando andare il loro capo o il caso Ocalan" il leader curdo prima protetto a Roma e poi espulso e alla fine catturato dai turchi, che lo tengono ancora in carcere. "Non è la prima volta che i governi in carica devono fare ricorso a queste soluzioni - spiega il generale in congedo - che possono pure venire criticate, ma garantiscono la sicurezza dei nostri connazionali in patria e all'estero". Battisti fa notare che "in Libia abbiamo diverse imprese civili, la componente diplomatica, i nostri militari, che sarebbero stati potenzialmente a rischio" rappresaglie. Non solo: "Il Paese confina con il Mediterraneo e di fatto l'Italia, porta d'ingresso dell'Europa per i migranti sui barconi e pure qualche terrorista infiltrato o foreign fighters di ritorno". La riconsegna di Almasri fa parte dei quelle "azioni che tutelano gli interessi nazionali come fanno tutti i paesi del mondo".
Una fonte del Giornale, in servizio, che conosce bene la situazione, conferma: "Vorrei vedere chi si sarebbe comportato diversamente da noi. In Libia abbiamo interessi non solo nazionali, ma critici, da difendere. Tutti i nostri alleati fanno lo stesso". Piuttosto sarebbe stato meglio "evitare la pubblicità con tanto di foto di Almasri che rientra come un eroe a Tripoli".
Il generale in congedo, Marco Bertolini, che ha guidato i corpi speciali, fa notare che "Almasri è o era responsabile di alcuni programmi del governo tripolino riconosciuto dall'Onu, nonché della milizia Rada che nel caos del Paese controlla parte della capitale compreso l'aeroporto di Mitiga". E pure fuori Tripoli, grazie ad intrecci ed alleanze "parte del territorio nel quale si sviluppano le condotte dai giacimenti di El Feel e Wafa (che riguardano l'Eni nda), oltre al tratto di costa dove si trova la stazione di pompaggio di Mellita del gasdotto Green Stream che dalla Libia porta gas in Italia, a Gela". Non solo: "La tradizionale e consolidata amicizia tra libici e italiani sarebbe uscita scossa da una guerra retorica o giuridica tra sedicenti buoni contro asseriti cattivi, dando mano libera ai molti fondamentalisti e assimilati che dopo l'assassinio di Gheddafi fanno il bello e il cattivo tempo in quella terra".
Per Bertolini "non c'è dubbio che un incidente prolungato tra noi e loro avrebbe implicato rischi complessivi insostenibili vista la già avvelenata situazione internazionale, per un'Italia che non si trova sulla Luna, ma a quattro bracciate dalle coste libiche".