All'apparenza, un fantasma senza documenti in tasca. Il solito «squilibrato», o un emarginato con problemi psichici che può starsene in agguato all'alba, nella stazione più importante di Francia, senza che gli facciano neppure un controllo. Ma sono bastate poche ore per capire che l'uomo che ieri mattina ha fatto ripiombare l'Esagono nella paura di un potenziale attentato era invece ben noto alle autorità. Non solo per reati di furto e piccoli taccheggi nella capitale. Ma perché avrebbe dovuto lasciare da tempo la Francia, poiché, dalla scorsa estate, era destinatario di un ordine di espulsione, il cosiddetto Oqtf: che obbliga gli stranieri illegalmente presenti ad abbandonare il Paese entro 30 giorni.
Eppure, dopo essersi più volte reso protagonista di danneggiamenti di beni pubblici e privati anche nelle scorse settimane, e mai recluso per mancanza di posti nei centri di detenzione amministrativa, ieri mattina alle 6,42, nella Gare du Nord, quest'uomo di origini libiche, di circa vent'anni, è passato all'azione: dall'assalto alle cose a bersagliare persone. Con un utensile appuntito simile a un punteruolo (per gli esperti in grado di uccidere) ha centrato prima un passante all'ingresso, in un minuto una ventina di colpi «senza apparente ragione», immortalati nella loro ferocia dalle telecamere. Poi, nel cuore della stazione, ha scagliato altri fendenti e pugni contro un gruppetto di pendolari.
Sei feriti, tra cui una donna. Uno è gravissimo. Torna l'incubo d'essere sguarniti in una delle stazioni più frequentate d'Europa, con treni per Londra, Bruxelles, Amsterdam e per il nord del paese, e un precedente simile lo scorso febbraio. Polemiche in Assemblea nazionale. È un nuovo affaire che Macron deve affrontare. Nonostante le autorità vantino ogni mese e mezzo un attentato sventato, ieri l'uomo è stato fermato per un caso fortuito, da due agenti fuori servizio che stavano per prendere il treno. Lo hanno bloccato con tre colpi di pistola. Una possibile strage evitata. Inchiesta per «tentato omicidio» affidata alla brigata criminale, con la procura antiterrorismo pronta però ad acquisire gli atti.
«Neutralizzazione», operazione in ospedale e interrogatorio rimandato. Le impronte digitali hanno dato un primo esito: l'uomo era arrivato in Francia 3 anni fa. Spuntano una decina di alias. L'ultimo usato ieri, Mohamed Amine, in una arteria-chiave parsa sguarnita. Alle 9, arrivano allora in stazione il prefetto Laurent Nunez, la sindaca socialista Anne Hidalgo, il ministro dei Trasporti Clément Baune e dell'Interno Gérald Darmanin, che elogia la «reazione efficace e coraggiosa» della polizia restando cauto sul movente della furia: «Per ora non abbiamo elementi per confermare che abbia gridato qualcosa...». I primi rumors parlavano dell'invocazione Allah Akbar. L'agente-eroe, ferito, è stato salvato dal giubbotto antiproiettile. Ma cosa sarebbe successo se non ci fossero stati i poliziotti col trolley?
L'allarme sicurezza è un nuovo caso per il governo, già sotto accusa per i clandestini colpiti da Oqtf che restano in Francia e si macchiano di reati: le espulsioni sono circa il 10% dei 120 mila ordini staccati ogni anno. «Una minaccia che la nuova legge immigrazione deve affrontare concretamente», tuona Marine Le Pen. Pure i macroniani ammettono che c'è un problema: specie con i mancati rimpatri in Libia, causa instabilità. Ci sono poi i ricorsi, e i soli 1.850 posti nei centri di detenzione amministrativa.
Giusto lo scorso ottobre, la Francia veniva scossa dalla morte di una bimba di 12 anni, la piccola Lola Daviet trovata seviziata in un baule. Confessò un'algerina 24enne, che per i medici soffriva di turbe psichiche. Pure lei doveva già essere stata espulsa.
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