Gaia Cesare
Impiccati in Iran, lapidati in Brunei, insultati in Italia (ieri uno studente è stato cacciato da un negozio, a Venezia, dal proprietario che senza mezzi termini lo ha avvertito: «Non voglio finocchi qui»), i gay hanno festeggiato un'ultima faticosa conquista: la depenalizzazione del reato di omosessualità in India, il Paese con una delle più ampie comunità Lgbt al mondo e ora il 124esimo dove i rapporti omosessuali non sono più un reato.
Dopo 17 anni di battaglie, la Corte Suprema composta da cinque giudici ha definito «irrazionale, arbitraria e manifestamente incostituzionale» la legge indiana «Sezione 377», risalente all'era coloniale britannica, che ha punito per 157 anni le relazioni tra persone dello stesso sesso definendole «rapporti carnali contro natura». «La storia deve scusarsi con i membri della comunità per il ritardo nel garantire i loro diritti» ha spiegato il giudice Indu Malhorta in un mea culpa atteso quanto insperato. «Ogni discriminazione sulla base della sessualità costituisce una violazione dei diritti fondamentali» ha aggiunto il presidente del più alto organo giudiziario, Dipak Misra. Dichiarazioni che hanno provocato le reazioni entusiaste e commosse - fra abbracci e grida di gioia - degli attivisti Lgbt riuniti fuori dal palazzo.
Una giornata storica per un Paese ancora profondamente patriarcale e sessista, dove nelle ultime ore sono emersi nuovi episodi di violenza ai danni di ragazzine, come nel caso di una bimba di 9 anni stuprata, uccisa e mutilata, con la complicità di una matrigna gelosa in Kashmir.
Finora la giustizia indiana aveva tenuto una linea incoerente. Nel 2009 l'Alta Corte di Delhi si espresse a favore della depenalizzazione ma gruppi religiosi e conservatori remarono contro e nel 2013 la Corte Suprema ribaltò il verdetto, salvo tornare sui propri passi e affermare l'anno scorso che la decisione fosse errata. Ora il cambio di passo. «Tutti in India, non solo la comunità Lbgti (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali o trans e intersessuali) saranno liberi dalla paura di essere perseguiti secondo l'ambigua legge coloniale» hanno commentato i rappresentanti della comunità. «La bocciatura di questa legge aprirà la porta a un più vasto discorso per garantire i diritti fondamentali».
Sono ancora 72 i Paesi al mondo in cui l'omosessualità è un reato. Si tratta di nazioni prevalentemente dell'Africa e del sud-est asiatico dove i gay rischiano il carcere e in diversi casi anche la vita, specie quelle in cui è in vigore la sharia, la legge islamica.
In Arabia Saudita essere omosessuali significa poter incorrere nel carcere, in multe, frustate, internamento in cliniche psichiatriche, amputazioni, fino alla. La pena capitale è prevista anche in Mauritania, Pakistan, Yemen.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.