È scontro sul dl sicurezza tra il ministro dell'Interno Matteo Salvini e i sindaci di centrosinistra, supportati anche dall'Anci.
Le tensioni sono tutte sulle norme che riguardano l'immigrazione, in particolare le restrizioni sul sistema Sprar e sul permesso di soggiorno umanitario. Così ecco che il primo cittadino di Palermo, Leoluca Orlando, apre le danze già mercoledì sera annunciando che «sospenderà» il dl a Palermo. Per poi, ieri mattina, annunciare di voler portare la questione a un giudice per farla arrivare alla corte costituzionale. L'assist di Orlando viene raccolto, a Napoli, da Luigi De Magistris, che attacca Salvini «cuore di pietra» e ringhia: «la parte del decreto sicurezza in contrasto con la Costituzione, con i diritti come l'uguaglianza, l'asilo, il fatto di avere tutti gli stessi diritti e doveri, non verrà assolutamente applicata». Salvini replica, secco, accusando i primi cittadini di far politica e cercare pubblicità: «È finita la pacchia: io non mollo, non retrocedo. In Italia si arriva chiedendo permesso, non arrivano coloro che ci portano la guerra. Lo dico a quei sindaci fenomeni che, per cercare un po' di pubblicità, dicono disubbedirò a Salvini». Con lui, senza mezzi termini, si schiera l'altro vicepremier Luigi Di Maio. Ma arriva pure l'Anci ad alimentare la polemica, con il presidente Antonio De Caro, sindaco di Bari, che reclama dal ministro dell'Interno una convocazione «per discutere delle modalità operative e dei necessari correttivi alla norma», dicendosi pronto a «restituire la fascia tricolore e tutti i problemi che quotidianamente siamo chiamati ad affrontare» se il leader del Carroccio «ritiene che il mestiere di sindaco sia una pacchia». Il premier Giuseppe Conte fa sapere di essere pronto a mediare, pur invitando con un comunicato ufficiale di Palazzo Chigi i sindaci a rispettare la legge, e incassa il plauso di De Caro. Che invece si becca una tirata d'orecchie dai sindaci «pro-decreto» - leghisti, M5s, di centrodestra, ma anche del Pd - che scrivono a De Caro chiedendo un confronto, perché l'associazione «non dia la sensazione di aderire tout court alle tesi del partito dell'accoglienza», visto che per molti di loro quel decreto era «da tempo auspicato». Invito che De Caro accoglie, pur sostenendo di aver espresso una posizione «collegiale».
Nel frattempo De Magistris, imitato da Orlando, rilancia il braccio di ferro offrendo il porto di Napoli alla Sea Watch, e Salvini ringhia: «I porti italiani sono chiusi, abbiamo accolto fin troppi finti profughi. I sindaci di sinistra pensino ai loro cittadini in difficoltà, non ai clandestini». E se De Magistris si dice pronto, in caso di chiusura del porto, a prendere i migranti in rada con le barche, il ministro tuona ancora: «Dimettetevi. Siamo in democrazia e governano gli italiani, fatevene una ragione». Critico col governo pure il sindaco di Milano Beppe Sala, che tenta un approccio morbido con il Viminale, chiedendo a Salvini di «ascoltare» per rivedere il decreto sicurezza che «così non va», in particolare per la mancata tutela «della protezione internazionale ai nuclei familiari vulnerabili», scrive Sala su Facebook, concludendo con un «ministro, ci ripensi». Il titolare dell'Interno, però, non si smuove.
E ancora in serata, a Zapping, parla di «cattiva fede» dei sindaci che «o non hanno letto o non hanno capito» un decreto che, ricorda Salvini, è stato «limato per tre mesi, corretto, emendato, migliorato» e infine firmato «dal presidente della Repubblica un mese fa». «Tutti a applaudire il discorso di Mattarella tre giorni fa - taglia corto il vicepremier - e ora vorrebbero ridiscutere una legge firmata da lui?».
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