Kiev. Sul cavalcavia della ferrovia sono piazzate le armi antitank della Nato arrivate al fronte. Tre cacciatori di carri distanziati formano una solo linea di difesa. Sotto volontari e militari ucraini hanno il dito sul grilletto. Quando ci vedono sbottano: «Cosa ci fate qui? Abbiamo ricevuto informazioni che da un momento all'altro potrebbe arrivare una colonna russa. Oppure ci bersaglieranno con l'artiglieria. Andate via se non volete che crepiamo tutti assieme».
La posizione ucraina, 20 chilometri a nord est di Kiev, si trova davanti alla terra di nessuno dove una colonna russa è stata decimata da artiglieria e droni il 9 marzo. «Se non li lasciavamo rispiegare avevano minacciato di radere al suolo con i bombardamenti i villaggi circostanti» rivela Andrii Anisov, volontario della difesa territoriale, che fino al 24 febbraio, inizio dell'invasione, era un ingegnere delle telecomunicazioni. La famosa colonna russa di 63 chilometri che si allungava a nord di Kiev fino a Chernobyl e oltre si è dispersa posizionandosi per l'avanzata sulla capitale. Non solo a nord ovest, dove ha occupato gran parte del sobborgo di Irpin, a cinque chilometri dalle prime case di Kiev, ma pure ad ovest e altre truppe stanno premendo da Est. «Puntano alla manovra a tenaglia stritolandoci sui fianchi, ma li daremo filo da torcere» spiega Maxim, un ex ufficiale dei paracadutisti, che di mestiere faceva il procuratore anticorruzione e adesso ha rispolverato mimetica e kalashnikov.
Una volta usciti dalla periferia la tensione è palpabile a Brovary, le cannonate miste al sibilo ripetitivo dei lanciarazzi multipli sono vicine. Qualche centinaio di metri più indietro della linea di difesa controcarro sulla ferrovia c'è il villaggio di Kalunivka, deserto e semi abbandonato. Mercoledì l'imboscata alla colonna russa che avanzava ha coinvolto queste povere case. «Siamo tutti civili, non ci sono postazioni militari - spiega con il volto terreo Vadim Bulkot Sergiyovich, il primo cittadino - Con l'entroterra contiamo 11mila abitanti, ma l'80% della popolazione è fuggita».
Al posto di blocco prima della linea del fronte Anisov, volontario della difesa territoriale, racconta di avere mandato «moglie e bambini in Slovacchia. Ma io resto a difendere la patria». Il suo amico Max, pure lui armato fino ai denti, ha invece le persone più care a Brovary: «Combatto per l'Ucraina, la mia casa e la mia famiglia». I due volontari parlano inglese e sono simpatici. Max mi fa entrare nella piccola casamatta in mezzo alla strada con le feritoie per sparare e spiega: «Anni fa ho sognato questa guerra. Me l'aspettavo. Ho visitato Venezia come turista e ci tornerò dopo la vittoria». Poco dopo passano sfrecciando sei ambulanze a sirene spiegate cariche di feriti dal fronte.
Alla periferia Est della capitale la difesa territoriale ha scavato un dedalo di trincee in mezzo ad una foresta come nella prima guerra mondiale. Maxim, veterano della battaglia all'aeroporto di Donetsk all'inizio della guerra nel Donbass, ci accompagna nei camminamenti. Oltre alle feritoie per mitragliatrici e kalashnikov ci sono bunker e ripari rinforzati con i tronchi. A Bergamo vive Ana, la madre di Maxim, orgogliosa del figlio sulla prima linea di difesa della capitale. Una squadra di volontari giovanissimi spunta dalle trincee per seguire un corso accelerato sulle armi anti carro. Roba di fabbricazione russa e qualcosa di meglio dello Zio Sam.
L'istruttore mostra come si usa il razzo a spalla che può fermare un carro armato. I ragazzi si aggiustano l'elmetto e ascoltano attenti. Tutti giovani sui vent'anni che rischiano di immolarsi contro i carri russi come i loro coetanei a Budapest '56, Praga '68. E Kiev 2022.
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