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L'inflazione tira il freno. Ma è presto per gioire

Istat, prezzi stabili in novembre a +11,8%. I costi dell'energia però restano troppo alti

L'inflazione tira il freno. Ma è presto per gioire

L'inflazione che smette di correre in Italia e in Europa è senz'altro una buona notizia, ma sullo sfondo di quel dato c'è più di un'ombra. Da un lato, le stime dell'Istat rivelano un indice nazionale dei prezzi al consumo all'11,8% su base annua nel mese di novembre per quanto riguarda l'Italia. Nella zona euro va anche meglio, con il dato in frenata al 10% rispetto al 10,6% di un mese fa. Dall'altro lato, però, l'inflazione di fondo, cioè al netto di beni energetici e alimentari freschi, in Italia cresce al 5,7% (dal 5,3%) e in Europa è stabile al 5% (a livelli comunque elevati). Ciò significa che il carovita si è infiltrato nell'economia e che la Banca centrale europea potrebbe dover spingere di più sull'aumento dei tassi per riuscire a domarla, magari al costo di una recessione più profonda. Anche per questo Piazza Affari ieri ha guadagnato solo lo 0,59%, più o meno sullo stesso tenore degli altri listini europei.

«In Europa circa metà dell'inflazione è provocata dai costi, più nello specifico dai prezzi energetici», spiega a Il Giornale Antonio Tognoli, responsabile delle analisi macro di Cfo Sim. «I mercati non festeggiano perché la proposta di un price cap sul gas a 275 euro/megawattora è equivalente a non applicare alcun tetto». L'intervento sul prezzo, infatti, è uno degli obiettivi dell'Italia in Europa, con il ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, che ha giudicato irricevibile la proposta della Commissione Ue. «La Bce, con il rialzo dei tassi, riesce ad agire solo sulla componente dei consumi», aggiunge Tognoli, «Senza coesione politica nella gestione dei prezzi dell'energia, i mercati pensano che l'inflazione potrà essere ricondotta verso l'obiettivo del 2-3% solo con una riduzione più forte dei consumi».

A determinare il dato sui prezzi, in Italia, è stato il rallentamento dei beni energetici non regolamentati (sceso dal +79,4% al +69,9%). Situazione analoga per il dato europeo, dove l'andamento dei prezzi nel comparto energetico è sceso dal 41,5% al 34,9%. L'Italia, peraltro, ha visto confermare dall'Istat il dato di crescita del Pil nel terzo trimestre al +0,5%, con la crescita acquisita sull'anno al 3,9%. Tuttavia, Federdistribuzione registra «una frenata al volume dei consumi, sia nel settore food che nel non-food»: non una gran premessa in vista del quarto trimestre. A novembre, del resto, i prezzi del cosiddetto «carrello della spesa» sono di nuovo cresciuti dal 12,6 al 12,8%. Il dato è comunque in miglioramento se si pensa al balzo di ottobre (dal 10,9% al 12,6%).

C'è, però, almeno un altro aspetto che potrebbe prolungare la stagione dei rialzi dei tassi d'interesse: «Stiamo osservando una certa dicotomia tra la politica monetaria restrittiva e la politica fiscale dei governi», prosegue Tognoli, «i governi aiutano famiglie e imprese sul caro energia, ma così facendo immettono moneta sul mercato. Mentre la Bce cerca di ridurre l'offerta di moneta per far rallentare l'inflazione». Da questo circolo vizioso si potrebbe uscire agendo con forza sui costi, cioè limitando strutturalmente gli extra costi dell'energia con una risposta coesa a livello europeo che ancora manca.

Oppure con buone notizie dal fronte ucraino.

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