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Con l'invasione i sindaci Pd scoprono le misure di destra

Se la sinistra preferisce la sicurezza all'accoglienza. A Brescia Del Bono azzarda; i profughi lavorino gratis

Con l'invasione i sindaci Pd scoprono le misure di destra

Roma - L'immigrazione è uno di quei crocevia epocali nei quali la sinistra s'è smarrita. Colpa di un conflitto insanabile tra la doverosa idea dell'accoglienza, amplificata dalla matrice cattolica, e i danni sociali a essa connessi, a cominciare dai diritti nel campo del lavoro (retribuzioni comprese), e dalle politiche di welfare . Lì s'è incrinata, fino a una rottura mai ricomposta, la relazione tra il blocco sociale che votava a sinistra e i propri rappresentanti.

Tutto il resto, specie in Italia, è dovuto all'ipocrisia e alla pochezza dei rappresentanti. Sentite per esempio Debora Serracchiani, vice-leader del Pd e governatrice del Friuli-Venezia Giulia, versione 2014. «L'accoglienza è un dovere di coscienza». Bollava come «incomprensibili» le reazioni di alcuni sindaci che non volevano degli afghani accampati lungo l'Isonzo. «Ci vuole coerenza». Ecco, appunto. Dai dati del ministero dell'Interno sulla ripartizione per regione dei migranti, emerge che il Friuli-Venezia Giulia ne accoglie meno del 3 per cento, con grande sproporzione tra quanto la ricchezza della Regione permetterebbe. Eppure, la Serracchiani da gennaio dice che la situazione «non è tollerabile, sono troppi». Col risultato che, da febbraio a fine maggio, gliene hanno tolti pure un po'.

L'incoerenza conviene. A finire in prima linea sono i sindaci, anche del Pd, con minor potere «contrattuale» della Serracchiani e altri. Come quello di Treviso, che ha chiamato i colleghi, di ogni lista e colore, a fare «fronte comune». «Non c'è destra o sinistra - dice -. Noi sindaci siamo al fronte, lasciati soli a gestire l'emergenza. È arrivato il momento di pensare al bene delle nostre comunità ed essere uniti». Non è il primo caso. Qualche tempo fa si parlò dei «180 riluttanti», ovvero di una schiera di sindaci toscani che fecero presente la loro indisponibilità. Avere santi pidini in paradiso (o a Palazzo Chigi) conviene, se è vero che dai dati ministeriali oggi risulta che proprio la Toscana, regione «rossa» per antonomasia, nonché patria sia di Letta jr sia di Renzi, figura tra gli ultimi posti delle regioni accoglienti con un misero 4 per cento e un'altissima sproporzione tra ricchezza e indice di accoglienza. Tanto per capire, è la Sicilia a ospitare quasi il 22 per cento di migranti (la geografia certo non favorisce). Il Trentino-Alto Adige, per fare altri esempi, accoglie l'un per cento; le Marche meno del 3, l'Umbria l'1,5, l'Emilia-Romagna il 5,5 per cento. D'altronde gli stessi Delrio ed Errani rifiutarono di accogliere a Reggio e Correggio un centinaio di migranti. La Lombardia, secondo il ministero, potrebbe fare di più del suo 9, e così il Veneto (4 per cento).

Eppure il rovesciamento di prospettiva è evidente nel sindaco Pisapia, che qualche settimana fa sbottò con una giornalista tivù a proposito dei migranti accampati alla stazione di Milano: «Che facciamo, li ospitate voi a Sky? ». Preoccupatissimo, prima era solito citare il Vangelo, e già a marzo si rompeva la testa sulla questione. A giugno inviava tweet del tipo: «C'è un limite. Non si può pensare che Milano da sola possa risolvere un problema epocale». Peggio però Felice Casson, passato dalla cancellazione del reato di clandestinità a slogan para-leghisti durante la campagna per il sindaco di Venezia. Non tutti hanno l'inventiva del sindaco di Brescia, Emilio Del Bono, che sabato ha proposto al prefetto che i profughi lavorino «gratis per la collettività, in cambio dell'ospitalità». Il campano De Luca, invece, usa metodi più spicci e all'antica. Da sindaco, non ha mai interrotto il filo diretto con i salernitani puntando sul rispetto delle regole per tutti, immigrati o no. Niente tappeti di vu cumprà sul corso principale e rom avvisati (dunque mezzi salvati). «Li prendo a calci nei denti», ebbe a dire.

Terapia funzionante, pare.

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