Roma - Difficile liquidarla come l'ennesima puntata dello scontro tra il Rottamatore e il «fighetto di Confindustria» che va avanti più o meno dal 2014, prima via sms e poi pubblicamente via Twitter, come spiegò lo stesso Matteo Renzi. Questa volta Carlo Calenda ha colpito il segretario del Pd nel momento di massima debolezza. Mentre le liste dei candidati alle elezioni del 4 marzo erano note ma non ufficiali, tra proteste e rinunce pesantissime.
In un tweet il ministro allo Sviluppo se l'è presa per l'assenza nelle liste o nei collegi di persone a suo avviso indispensabili. «Quale è il senso di non candidare gente seria e preparata, protagonista di tante battaglie importanti come De Vincenti, Nesi, Rughetti, Tinagli, Realacci, Manconi. Spero che nelle prossime ore ci sia un ravvedimento operoso. Farsi del male da soli sarebbe incomprensibile».
Renzi ha provato a liquidare l'attacco di Calenda. Niente di personale, «è fisiologico e umano il cambiamento».
Ma i nomi di Calenda non sono casuali. C'è Claudio De Vincenti. L'unico per il quale Renzi ha poi fatto una marcia indietro, spiegando che gli era stato chiesto di candidarsi, ma «ha risposto con un secco no». Un fraintendimento, al quale il segretario Pd cercherà di porre rimedio.
Ci sono due compagni di viaggio del ministro nella duplice avventura di Italia Futura, il movimento di Luca Cordero di Montezemolo e poi nel partito di Mario Monti come Edoardo Nesi , scrittore fiorentino eletto nelle liste del Pd e Irene Tinagli, economista.
Angelo Rughetti, una carriera dentro il Pd, vicinissimo al ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, ma soprattutto tecnico esperto di problemi della pubblica amministrazione (è stato sottosegretario dei governi Renzi e Gentiloni). Ma anche Ermete Realacci, politico ambientalista di lungo corso oggi gentiloniano e Luigi Manconi, della sinistra interna e da sempre impegnato sui temi dei diritti civili. Calenda, insomma, copre tutto lo spettro della sinistra e sceglie di sponsorizzare degli esclusi con un profilo di governo, i più tecnici.
Tutto fa pensare che si prepari a demolire il Renzi secondo atto, proponendo un'alternativa fatta politici competenti.
Poi strizza l'occhio a Paolo Gentiloni, che nella compilazione delle liste è stato accontentato solo a metà e venerdì notte non è stato ascoltato da Renzi quando aveva appunto chiesto di trovare un slot per Cesare Damiano, esponente della sinistra esperto di lavoro e pensioni, e lo stesso Manconi. Ignorato dal segretario, che alla fine ha però scelto di graziare Damiano. Importante punto di contatto tra Il Pd e il mondo del lavoro.
Nella lista di Calenda non c'è, ma pesa il nome di un altro escluso eccellente che ha
colpito sindacati, Marco Leonardi. Consulente di Palazzo Chigi con Renzi e Gentiloni, anche lui esperto di pensioni e punto di contatto tra la presidenza del Consiglio e i sindacati. Troppo gentiloniano, la tesi che circola.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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