O ra la cronaca lascia il posto all'inchiesta. E al corredo di polemiche che la tragedia si porta puntualmente dietro, come tutti i disastri italiani. Certo, si scava ancora fra le rovine del Rigopiano ma la fiammella è quasi spenta. E la contabilità del dolore si muove appena: dopo il ritrovamento vicino alla zona cucina di una donna, i morti ufficiali non sono più 6 ma 7 e di conseguenza calano i dispersi, termine sempre più logoro, scesi a 22. Undici i sopravvissuti.
Dunque, in primo piano c'è l'indagine, alimentata a sua volta da retroscena, rivelazioni, persino dagli sfoghi dei parenti delle vittime.
Alessio Feniello, il papà di Stefano che per qualche ora era stato dato per vivo e invece è svanito nelle viscere dell'hotel, è durissimo: «Quelli che sono morti sono stati uccisi. Sì, li hanno sequestrati contro il loro volere perché volevano rientrare. Li hanno sequestrati. Avevano le valigie pronte. Li hanno riuniti tutti vicino al caminetto come carne da macello». Gli ospiti, questo ormai è assodato, attendevano con ansia l'arrivo dello spazzaneve che avrebbe dovuto liberare la strada. Tutti, dopo le ripetute scosse, volevano andarsene al più presto ma, fra ritardi e difficoltà, il mezzo tanto atteso non è mai arrivato. O meglio, è stato anticipato dall'immane valanga che nel pomeriggio di mercoledì si è abbattuta sulla struttura, travolgendola. E ora il padre attende una parola definitiva sul destino del figlio. La fidanzata di Stefano, Francesca Bronzi, si è salvata e dall'ospedale di Pescara sembra cancellare anche quell'ultimo dubbio: «Con la luce del telefonino, finché la batteria ha retto, ho illuminato il braccio di Stefano. Si lamentava, lo chiamavo ma non rispondeva. Poi non l'ho sentito neanche più lamentarsi».
Comprensibile che il genitore, illuso per qualche ora dalle autorità su un probabile lieto fine, erutti tutta la tensione accumulata. E si chieda come mai l'hotel non sia stato «liberato» in tempo dall'assedio del ghiaccio.
Anche la mail spedita alle 7 del mattino dal direttore dell'albergo Bruno Di Tommaso a un nugolo di autorità accende gli animi con la sottolineatura di una «situazione preoccupante» e la richiesta di un «intervento urgente».
La procura, che procede per omicidio colposo plurimo e disastro colposo, valuta tutti gli elementi ma frena nel tirare conclusioni che sarebbero premature. In particolare sul versante delle comunicazioni e dell'avvio delle ricerche nella serata di mercoledì: «Ci sono state inefficienze e interferenze - spiega il procuratore aggiunto Cristina Tedeschini - sono però da valutare gli effetti di eventuali ritardi». Il riferimento è alle telefonate fatte a ripetizione da Quintino Marcella al 118 senza però essere creduto. «Che ci sia stata - aggiunge Tedeschini - una serie di disfunzioni e magari di ritardi da parte della sala operativa nel recepire l'importanza di una segnalazione da parte di un soggetto non istituzionale è un fatto registrato. Che questo possa aver avuto una qualunque conseguenza causale sull'efficacia dell'azione di soccorso, è da vedere».
Si studia il dossier senza clamori. Senza teoremi. E si aprono nuovi capitoli. Secondo la denuncia di Forum H2O Abruzzo l'hotel è stato realizzato su accumuli di detriti e precedenti valanghe. Insomma, sarebbe marchiato da un peccato originale gravissimo.
D'altra parte, in un clima che a posteriori pare di incoscienza collettiva, si scopre che la mappa del rischio valanghe, prevista dalla legge del 1992, non è stata completata. Vale per l'Abruzzo come per molte altre Regioni. Ora, solo ora, tutti i nodi vengono al pettine.
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